Trentodoc, fatturato a 185 milioni e -2% di bottiglie. Fambri: «Soddisfatti del consolidamento»

Le “bollicine di montagna” del Trentodoc chiudono il 2023 in flessione del 2% in termini di volume e con un aumento del 3% per quel che riguarda il fatturato. Secondo il presidente dell’Istituto Trento Doc Stefano Fambri si tratta di un «fisiologico consolidamento» dopo i successi degli ultimi anni e il momento difficile del Covid, che va letto «nel momento tendenzialmente negativo per tutto il comparto del vino, che se è vero che ha colpito più i rossi non ha lasciato immune nemmeno lo Champagne».

Guardare ai dati di medio-lungo periodo diventa quindi fondamentale per inquadrare il momento: nel 2015 si producevano 7,3 milioni di bottiglie di Trentodoc e il fatturato era a quota 78 milioni di euro. Nel 2023 le bottiglie sono state 12,8 milioni e il fatturato ha raggiunto i 185 milioni. Quindi si è passati da un ricavo medio di 10,5 euro a bottiglia a uno 14,5 euro: calcolo ovviamente grossolano, ma che è anche indice dell’aumento della marginalità e del maggior peso assunto da riserve e millesimati, i formati più preziosi.

«La lieve flessione a volume – commenta Fambri, alla guida dell’Istituto da febbraio dopo i 12 anni di Enrico Zanoni – è imputabile a un calo nella grande distribuzione, dove, a fronte della situazione contingente e dell’aumento dei costi, alcuni associati hanno adottato politiche promozionali più restrittive. Possiamo comunque ritenerci soddisfatti: l’inflazione ha portato per tutti dinamiche restrittive in termini di consumi. Noi non siamo un segmento luxury, ma comunque nemmeno di beni di prima necessità che quindi può risentire di un momento di calo dei consumi. È vero che le indagini di mercato per le bollicine prevedono un andamento meno problematico della media, però tendenzialmente si parla di una situazione di consumi in leggera contrazione».

Più positive le sensazioni per le vendite nei consumi fuori casa e in particolare nei ristoranti (anche grazie al forte ritorno dei turisti), un settore in ripresa rispetto al trend negativo registrato nei supermercati. «Il nostro Osservatorio non fornisce evidenze in questo campo – precisa Fambri – tuttavia l’horeca per i nostri associati è molto importante, soprattutto per i più piccoli rappresenta il canale di sbocco principale. La mia sensazione è che questo settore valga più della metà del giro d’affari del Trentodoc (contro una media nazionale del 30%, ndr). I ristoranti ci danno la possibilità dei avere dei testimonial del nostro legame con il territorio, ma ci aiutano a crescere anche fuori regione».

ll mercato di riferimento per i vini del Trentodoc rimane l’Italia, che rappresenta l’85% del venduto. «Ma a nostro avviso ci sono ancora ampie possibilità di crescita in tutte le regioni – dice il presidente – e l’obiettivo resta quello di valorizzare l’immagine e la notorietà del brand. Abbiamo in programma eventi da Milano a Palermo per portare le nostre bollicine di montagna lontano dalla montagna. Stiamo lavorando molto con gli istituti alberghieri di molti capoluoghi di provincia italiani per far conoscere le nostre eccellenze, così come è importante la collaborazione con i sommelier dell’Ais. A volte gli addetti ai lavori danno per scontata la conoscenza che il pubblico ha di un vino, ma il lavoro sulla notorietà e percezione del brand non è mai finito, è il nostro compito principale e durante il mio mandato agiremo in continuità con le politiche del passato che hanno portato a ottimi risultati. Ma di certo c’è ancora molto da fare».

Fonte: Il Sole 24 Ore