Per gli assunti a tutele crescenti la reintegra acquista più spazio

Con la sentenza 22 del 22 febbraio scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, del Dlgs 23/2015, limitatamente alla parola «espressamente». La disposizione, dunque, è stata ritenuta illegittima nella parte in cui riconosceva la tutela tramite reintegrazione nel posto di lavoro, nei casi di nullità, previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratto a tutele crescenti – dal 7 marzo 2015 – ma la limitava alle nullità sancite «espressamente».

La Cassazione, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, ha censurato tale limitazione in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, secondo cui l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. La Corte aveva appunto rilevato la violazione del criterio di delega fissato dal Jobs Act, deducendo che l’esclusione delle nullità, diverse da quelle espresse, non trova rispondenza nella legge di delega, la quale riconosceva invece la tutela data dalla reintegrazione in tutti i casi di licenziamenti nulli, senza distinzione alcuna.

La Corte Costituzionale ha così ritenuto fondata la censura e ha osservato che, nella legge delega, ai fini del riconoscimento della tutela reintegratoria, è ravvisabile solo un riferimento ai licenziamenti disciplinari nulli, senza che ciò possa portare a una distinzione tra nullità espresse e nullità non espresse.

Secondo la Consulta, così facendo, il legislatore non solo ha operato andando oltre la delega, ma ha anche creato un vuoto, lasciando privi di specifica disciplina i casi di licenziamenti nulli, per violazione di norme imperative, ma non espressamente sanzionati con nullità, così dettando una disciplina incompleta e incoerente rispetto al disegno del legislatore delegante.

In pratica, quindi, a seguito di tale sentenza, deriva che il regime sanzionatorio per il licenziamento nullo è lo stesso, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra l’espressa sanzione della nullità, sia che ciò non sia testualmente previsto, sempre che risulti prescritto un divieto di licenziamento al ricorrere di determinati presupposti.

Fonte: Il Sole 24 Ore