Per le batterie allo stato solido la svolta produttiva è più vicina

È inutile reinventare la ruota. Le batterie al litio, ormai, sono una tecnologia matura e saldamente in mano all’industria cinese. Tanto vale battere un’altra strada. Toyota, la più grande casa automobilistica del mondo, ha rivelato nelle scorse settimane di essere vicina a una svolta nella produzione di una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria: le batterie allo stato solido, in cui l’elettrolita che collega il catodo all’anodo non è liquido, come nelle batterie agli ioni di litio attualmente in commercio, ma solido.

Non a caso, dal primo annuncio in giugno, la sua capitalizzazione di mercato è aumentata di 26 miliardi di dollari. Se la svolta annunciata fosse reale, infatti, Toyota potrebbe iniziare a vendere già nel 2027 veicoli elettrici più sicuri, in grado di ricaricarsi più rapidamente e di percorrere 1.200 chilometri con una singola carica. Il passaggio potrebbe essere epocale quanto quello dai telefoni fissi ai cellulari.

La batteria allo stato solido è una specie di Sacro Graal della ricerca energetica e la corsa per arrivare primi su questo fronte è partita già molti anni fa. Toyota non è l’unica azienda a investire in questa tecnologia. Nissan e Honda hanno i propri programmi. I tre principali produttori di batterie della Corea del Sud – Lg, Samsung e Sk – hanno tutti dichiarato la loro intenzione di mettere in produzione batterie allo stato solido entro la fine degli anni ’20. Le start up statunitensi QuantumScape e Solid Power, partner di Volkswagen e Bmw, hanno target simili per la propria tecnologia. Perfino Dyson, il re degli aspirapolvere, partecipa attivamente alla corsa.

Akitoshi Hayashi, professore all’Università di Osaka e fra i maggiori esperti del settore, sostiene che sarà «estremamente impegnativo» produrre in serie batterie allo stato solido con la stessa qualità delle attuali batterie agli ioni di litio, ma se realizzate saranno «imbattibili a livello globale». Se Toyota o chiunque altro riuscisse a fabbricarle, l’impatto sarebbe drammatico per l’automotive, dove le vendite di veicoli elettrici e di batterie sono attualmente dominate da Tesla e dalle cinesi Byd e Catl. Potrebbe inoltre consentire la transizione elettrica di nuovi settori, come l’aviazione. Avrebbe anche importanti risvolti geopolitici: secondo la Iea, lo scorso anno la Cina ha prodotto oltre il 75% delle batterie a livello globale e lo stato solido potrebbe essere l’unico modo per scavalcare Pechino.

Le batterie allo stato solido differiscono dall’attuale tecnologia agli ioni di litio principalmente per l’elettrolita. Diversi materiali vengono testati come potenziali elettroliti solidi, tra cui polimeri, ossidi e solfuri. Il vantaggio, oltre alla maggiore sicurezza del dispositivo, è il raddoppio dell’autonomia per una frazione dei costi. La maggior parte degli elettroliti liquidi, infatti, è infiammabile e per evitare disgrazie bisogna aggiungere una serie di sistemi di sicurezza, oltre a evitare di caricare e scaricare completamente la batteria, con uno spreco importante di capacità. Il tutto aggiunge peso e costi, che si evitano nello stato solido. Oltre alla sostituzione dell’elettrolita, questa tecnologia consentirebbe anche un altro sviluppo importante: gli anodi metallici di litio. La sostituzione della grafite utilizzata negli attuali anodi, su cui Pechino ha appena imposto restrizioni all’export, aiuterebbe a raddoppiare l’autonomia. Le batterie allo stato solido, però, devono superare difficoltà importanti, come la formazione di dendriti, incrostazioni che possono portare alla rottura del dispositivo. Un’altra sfida è mantenere un contatto stabile tra materiali solidi.

Fonte: Il Sole 24 Ore