Perché il petrolio non reagisce ai rischi geopolitici né alle sanzioni

Il mercato del petrolio sembra aver messo da parte il rischio geopolitico, per concentrarsi su indizi di rallentamento della domanda e su segnali tecnici intelligibili soprattutto ai fondi algoritmici. Così le quotazioni del barile continuano a indebolirsi.

La discesa è proseguita anche giovedì 18, nonostante il nuovo giro di vite sulle sanzioni contro il Venezuela, con cui gli Stati Uniti hanno interrotto la tregua che per sei mesi ha consentito al Paese di esportare greggio senza limitazioni. E nonostante l’Iran abbia rispolverato la minaccia nucleare, in caso di attacco diretto da parte di Israele: eventualità che le potenze internazionali cercano di scongiurare, ma che lo Stato ebraico non esclude.

La situazione sullo scacchiere internazionale non si può certo dire distesa. Eppure, il petrolio non ha chiuso in rialzo una sola seduta da quando – sabato 13 –Teheran ha lanciato oltre 300 droni e missili verso Israele. Il Brent, scivolato addirittura di oltre il 3% mercoledì 17, ha perso quota ulteriormente nella seduta successiva, fino a toccare un minimo da tre settimane (86 dollari al barile), salvo poi contenere le perdite per concludere intorno a 87 dollari.

La speranza evidentemente è l’ultima a morire. E molti analisti continuano a dichiararsi convinti che in Medio Oriente non ci sarà un’ulteriore, grave escalation militare, né si verificheranno scenari capaci in qualche modo di compromettere le forniture di idrocarburi. In assenza di ulteriori tensioni, per Goldman Sachs il valore del greggio potrebbe presto scendere di altri 5-10 dollari al barile.

Diversi esperti confidano anche nell’ampia capacità produttiva di riserva, che potrebbe venire in soccorso in caso di interruzioni dell’offerta: l’Opec in particolare oggi ha una “spare capacity” di ben 6 milioni di barili al giorno e se volesse potrebbe attenuare i tagli in qualsiasi momento. A giugno in ogni caso, salvo nuove proroghe, scadranno parte degli impegni assunti dal gruppo: i tagli extra di Arabia Saudita e altri Paesi, che ammontano a 2,2 mbg.

Fonte: Il Sole 24 Ore