Perché la Bce deve raddoppiare l’attenzione sugli effetti della stretta

La Bce non si fermerà. Non saranno i timori di recessione, né il segno meno davanti al pil della Germania nel quarto trimestre del 2022, né ancora l’andamento dell’inflazione, in calo – ma non nell’indice core, in questa fase più importante – da ottobre. Alzerà i tassi di 50 punti base – queste sono le attese dei mercati, in linea con le dichiarazioni della presidente Christine Lagarde – nella riunione di febbraio, poi ancora nella successiva e forse anche una terza volta. L’attuale livello del tasso di riferimento, il 2,50%, corrisponde del resto a un tasso reale appena positivo in base alle aspettative di lungo periodo (che puntano al 2,40% circa), e restano negative rispetto alle attese di più breve scadenza. I rialzi sono inevitabili.

Prestiti alle imprese in flessione

Un’analisi attenta della situazione, però, è necessaria. Qualcosa si sta già muovendo, nell’economia di Eurolandia, in seguito al rialzo dei prezzi dell’energia e alla stretta monetaria. L’andamento dei prestiti è probabilmente il segnale più interessante: dopo anni di crescita non certo monotona – i dati, peraltro, non sono destagionalizzati – hanno segnato a dicembre la flessione mensile più incisiva di sempre e una brusca frenata nella crescita annuale, finora molto robusta.

Costo del credito in rapido aumento

I dati sul costo medio del credito nei vari paesi segna non a caso un brusca impennata negli ultimi mesi del 2022 (l’indicatore è fermo a novembre). I livelli del 2008, quando i tassi di Eurolandia erano al 6% e quelli italiani al 6,4%, sono – è vero – ancora lontani e possono creare qualche inquietudine in prospettiva (al momento sono al 3% in entrambe le aree), ma l’andamento segnala che la sola strategia di normalizzazione, quella seguita finora, associata all’inflazione stessa, sta avendo effetti.

Rendimenti in rialzo

Manca, in Eurolandia, un indicatore composito sulle condizioni finanziarie, ma gli elementi base – almeno “a monte” della cinghia di trasmissione della politica monetaria – indicano un evidente restrizione. I rendimenti sono più elevati, ora, rispetto a quelli immediatamente precedenti la riunione di dicembre della Bce: 70 punti base nella scadenza più breve, la parte della curva che esprime e riflette la politica monetaria; 35 punti base nella scadenza più lunga i 30 anni.

Euro effettivo in rialzo

Anche il cambio effettivo, che pure resta al di sotto della media di lungo periodo – un’indicazione banale del livello di equilibrio – si muove da tempo lungo una traiettoria rialzista che aiuta la politica monetaria, riducendo il “peso” sull’inflazione degli acquisti dall’esterno della zona euro, soprattutto dell’energia, ma segnala che l’economia risponde alle sollecitazioni della Bce.

Fonte: Il Sole 24 Ore