Pnrr, perché dall’attuazione dipende il 90% della crescita italiana 2024-25

Il voto di giovedì alla Camera di fatto conclude l’esame parlamentare del quarto decreto Pnrr, che attende ora solo la ratifica al Senato perché come al solito non ci sono i tempi per altre modifiche nel secondo passaggio. E con le sue novità (per gli approfondimenti si veda pagina 35) apre quindi ufficialmente la corsa all’attuazione del Piano rimodulato: corsa cruciale per le sorti della crescita italiana, e per i saldi di finanza pubblica che le sono appesi, almeno stando a quanto dicono i calcoli ufficiali nelle tabelle del Def.

Nelle stime governative il Pnrr è tornato a valere una crescita aggiuntiva al 2026 del 3,4%, risalendo di tre decimali rispetto al +3,1% indicato in autunno nello scorso programma di bilancio proprio grazie alla revisione concordata con la Ue. Nel confronto con la versione originaria, ribadisce infatti il Def nella sezione III sul Programma nazionale di riforma, il nuovo Piano squaderna «maggiori risorse nette stanziate» e soprattutto mostra un «aumento dei progetti aggiuntivi» per 12,3 miliardi di euro. Progetti che insieme all’aumento atteso nella spesa effettiva assorbono spazi fiscali alle altre misure, dando qualche argomento aggiuntivo a sostegno delle ipotesi di proroga; ma che dal lato dell’economia reale appaiono essenziali.

Le novità più importanti si incontrano infatti proprio su questo versante, e sono dall’incrocio fra l’impatto sul Pil attribuito all’attuazione del Pnrr e le prospettive complessive dell’economia italiana. Per quest’anno il Def prevede una crescita dell’1%, e assegna al Pnrr una spinta dell0 0,9%. In pratica quindi, accoppiando le due ipotesi, il 90% della crescita di quest’anno dipenderebbe dal Piano.

Un dato del genere segna una discontinuità netta rispetto al passato, e anche qui un peso importante è dato dal ripensamento del programma. Perché il nuovo Pnrr tiene inevitabilmente conto dei rallentamenti cumulati fin qui, nel cammino della spesa effettiva più che in quello legato al raggiungimento degli obiettivi. E proprio la realizzazione finanziaria è il motore più diretto per la crescita.

Su questo terreno finora i monitoraggi in corso d’opera hanno partorito numeri molto più modesti rispetto a quelli ipotizzati in partenza. L’ultima relazione del Governo indica in 42,9 miliardi le uscite totali Pnrr cumulate a fine 2023, valore decisamente più basso dei 61,4 miliardi ipotizzati per lo stesso periodo dalla NaDef 2022. A pesare sul dato è anche il fatto che molti soggetti attuatori non hanno popolato puntualmente il ReGis, la piattaforma telematica del Mef chiamata a censire ogni passo del piano, al punto che lo stesso decreto Pnrr-4 prova a stringere i bulloni del meccanismo. In ogni caso, anche se alcuni osservatori ipotizzano un livello di spesa reale già intorno ai 50 miliardi, il ritmo seguito fin qui è inferiore alle stime iniziali. E ora è il momento di accelerare.

Fonte: Il Sole 24 Ore