Proseguono le proteste nelle università Usa: 15 persone ferite negli scontri all’Ucla

Proseguono le proteste nelle università statunitensi con vari atenei coinvolti nelle manifestazioni a sostegno della causa palestinese e contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza. Forze dell’ordine in tenuta antisommossa nel campus dell’Università della California di Los Angeles (Ucla) hanno ordinato la dispersione di oltre un migliaio di persone che si sono radunate a sostegno della protesta filo-palestinese degli studenti dell’Ateneo, avvertendo tramite altoparlanti che chiunque si rifiutasse di andarsene potrebbe essere arrestato. Una grande folla di studenti, ex studenti e persone si è radunata sui gradini del campus fuori dall’area dove sono state allestite delle tende, e si sono seduti ad ascoltare vari oratori, unendosi poi ai canti di sostegno alla causa palestinese. Stando alle immagini delle telecamere, alcuni studenti hanno distribuito occhiali ed elmetti, oltre ad allestire postazioni di assistenza medica. Un piccolo gruppo di studenti con cartelli e magliette a sostegno di Israele e del popolo ebraico si è radunato nelle vicinanze. Almeno 15 persone sono rimaste ferite in seguito agli scontri durante la protesta «diventata violenta», secondo quanto riferito dal presidente dell’università, Michael Drake, come riportano i media statunitensi.

La polizia alla Columbia

L’Università della California di Los Angeles (Ucla) aveva annunciato l’annullamento delle lezioni a seguito degli scontri avvenuti la notte precedente fra manifestanti nel campus, dopo che dei dimostranti pro-Israele avevano cercato di abbattere le barricate che circondavano un accampamento pro-palestinese. Dopo un paio d’ore di tafferugli tra manifestanti all’Ucla, la polizia con caschi e scudi facciali aveva lentamente separato i gruppi e placato le violenze e al sorgere del giorno era tornata la calma. Qualche ora prima la polizia aveva fatto irruzione in un edificio della Columbia University occupato da manifestanti contro la guerra, interrompendo una manifestazione che aveva paralizzato il campus.

Tafferugli anche in Texas e Arizona

Almeno 19 persone sono state arrestate, invece, ieri pomeriggio all’Università del Texas, a Dallas, dopo che le forze dell’ordine hanno sgombrato un accampamento di manifestanti filo-palestinesi: lo riporta il Guardian, che cita un canale di notizie locale. Secondo quest’ultimo, non è chiaro se tutti gli arrestati fossero studenti. La Polizia dell’Arizona ha sparato ieri pomeriggio proiettili di gomma e al peperoncino contro manifestanti alla University of Arizona durante le proteste di gruppi di filo-palestinesi e filo-israeliani: lo ha reso noto il presidente dell’ateneo, Robert Robbins, come riporta la Cnn. Le forze dell’ordine hanno fatto un «uso minimo» di proiettili al peperoncino, proiettili di gomma e hanno indossato attrezzature tattiche di sicurezza «per disperdere la folla… non avevano altra scelta se non quella di adottare misure significative» di fronte alle «azioni pericolose» di centinaia manifestanti, ha affermato Robbins in un comunicato.

Arresti nel New Hampshire

E numerosi arresti sono stati effettuati durante una protesta filo-palestinese anche al Dartmouth College nello Stato Usa del New Hampshire. Lo riporta Cnn citando la stazione televisiva Wmur. Stando a quanto riferito, la polizia ha allontano i manifestanti dalla folla radunata sul Dartmouth Green e li ha trattenuti con delle fascette. La polizia è stata schierata all’Università del New Hampshire e il Dartmouth College a causa di «attività illegali e su richiesta delle forze dell’ordine locali», ha riferito alla Cnn il Dipartimento di sicurezza del New Hampshire. «Tutte le persone prese in custodia sono sotto processo da parte del Dipartimento di Polizia dell’Università del New Hampshire e del Dipartimento di Polizia di Hanover», ha affermato Tyler Dumont, portavoce del Dipartimento per la Sicurezza del New Hampshire. L’Università del New Hampshire ha riferito alla Cnn che gli studenti hanno protestato pacificamente nel campus almeno sette volte negli ultimi sei mesi.

Fonte: Il Sole 24 Ore