Scoprire il Giappone e le sue ritualità Zen

Rapiti da una storia millenaria e da una cultura che si perde nella notte dei tempi tra le innumerevoli esperienze che può riservare un viaggio in Giappone c’è anche quella singolare dello shukubo, ovvero del pernottamento nella foresteria di un tempio Zen. Lo Zen, introdotto in Giappone tra il 12° e il 13° secolo dai monaci cinesi Eisai e Dogen, è una scuola buddhista che pone le sue radici nel Chan cinese e prevede la meditazione come unica pratica di riferimento. La sua influenza è andata oltre la dimensione religiosa influenzando l’estetica nipponica e le arti, anche marziali. Anche il concetto estetico di wabi-sabi nasce da qui (non vi è nulla di eterno; ogni cosa è imperfetta; ogni cosa è incompleta), espressione che indica quel modo di vivere giapponese improntato all’essenzialità.

L’ospitalità all’insegna della semplicità

Così, se la cultura Zen enfatizza il piacere della semplicità, dall’asimmetria, dalla sobrietà e insegna ad apprezzare l’elegante bellezza delle cose semplici, dello scorrere del tempo, nell’ospitalità è declinata in un’accoglienza priva di fronzoli. Nei monasteri le stanze sono ridotte all’essenziale (un futon, un tavolino, un bollitore per il tè) e bagni e docce sono quasi sempre in comune. Si deve poi partecipare alla vita del monastero. La sveglia, di solito è prima dell’alba, poi si medita per circa 20-40 minuti. Il rientro serale è abbastanza presto perchè in genere alle dieci di sera si dorme. Ma il tutto è improntato alla massima libertà. Molti dei templi offrono la possibilità di partecipare al rituale del fuoco mattutino (all’alba) e di consumare due pasti (colazione e cena) preparati seguendo i precetti della shojin ryori, la cucina dei monaci buddhisti, completamente vegetariana. Oppure, ancora, di partecipare a sessioni di meditazione di gruppo o di mettersi alla prova con la calligrafia trascrivendo i sutra sotto la supervisione dei monaci. In genere in cambio dell’ospitalità i monaci chiedono agli ospiti di partecipare a piccoli lavori (si spolvera, si tolgono le erbacce dall’orto oppure si riordinano gli spazi). In alcuni casi si dedica qualche ora allo studio nelle proprie camere, poi ci si incontra di nuovo per meditare.

Dalla zona di Toge a Kyoto

Tra le località in cui è possibile fare questa esperienza ci sono i complessi templari di Koyasan e dello Eiheiji e nei pressi delle tre montagne sacre di Dewa Sanzan. Qui si può raggiungere la zona di Toge percorrendo a piedi la Moutanin Pass Road oppure in barca lungo il fiume Mogami e raggiungere uno dei circa 300 monasteri che offrono ospitalità. Kyoto, Nara e Kamakura sono tre dei principali centri Zen giapponesi, ma siti di grande rilevanza sono presenti su tutto il territorio nazionale. Certamente Kyoto è uno dei luoghi più legati alla cultura Zen. Nell’ antica capitale si trova il Nanzen-ji (https://www.japan.travel/it/spot/1175/), uno dei più importanti templi zen di tutto il Paese; completamente immerso nella natura, la sua esplorazione richiede una giornata. Ci sono poi i Kyoto Gozan, ovvero i Cinque Grandi Templi Zen di Kyoto (Tenryu-ji, patrimonio UNESCO; Shokokuji, Kennin-ji, Tofuku-ji e Manju-ji) che hanno dato un grande contributo alle arti, in particolare alla cerimonia del tè (sado), alla calligrafia, alla pittura, alla letteratura, all’architettura, alle arti marziali e ai giardini. Altro Patrimonio UNESCO è il Ryoan-ji (https://www.japan.travel/it/spot/1145/), celebre soprattutto per il giardino, esempio perfetto di karensansui, ovvero di giardino secco.

Ad un’ora da Tokyo

In poco meno di un’ora da Tokyo si raggiunge Kamakura che ospita due noti templi zen: il Jufuku-ji (https://www.city.kamakura.kanagawa.jp/visitkamakura/en/places-to-go/temples/jufukuji.html), la cui costruzione fu ordinata da Hojo Masako e supervisionata, nel 1200, dal monaco Eisai, fondatore della scuola Rinzai del Buddhismo Zen in Giappone e lo Engaku-ji (https://www.japan.travel/it/spot/1595/), edificato nel 1282 per commemorare coloro che morirono contro le invasioni mongole del 1274 e del 1281. Qui, la domenica mattina, è possibile unirsi a sessioni di meditazione di gruppo tenute dai monaci (https://www.engakuji.or.jp/en/). Tra gli itinerari meno battuti c’è quello nella prefettura di Fukui dove sorge il complesso templare dello Eiheiji (https://daihonzan-eiheiji.com/en/), incastonato in una solenne foresta di cedri secolari, oggi sede di un importante monastero pronto ad accogliere, con programmi dedicati in lingua inglese, i pellegrini stranieri (https://www.sotozen.com/eng/temples/foreigner/index.html) rapiti dalla sua pace e dalla contemplazione facilitata dalla quiete silenziosa della natura.

Nella regione del Kansai sull’isola di Awaji

Chi desira godere di un’esperienza più spirituale, partendo da Osaka, si può dirigere verso ovest e raggiungere la prefettura di Okayama dove godersi, ad esempio, nel quartiere Kurashiki Bikan, una gita lungo il fiume Kurashiki o fare un giro su un risciò tradizionale. Attraversato il ponte Setohashi e approdati prima a Kagawa e poi Tokushima, nell’isola di Shikoku. Immancabile qui è percorrere i circa tre chilometri che collegano il Tempio Gokuraku-ji e il Tempio Kinsen-ji, entrambi parte del rinomato pellegrinaggio degli 88 templi. Tappa finale dell’itinerario è l’isola di Awaji. Il nord dell’isola ospita lo Zenbo seinei (https://zenbo-seinei.com/en/), luogo di benessere immerso in una natura lussureggiante. Oltre a praticare yoga o meditazione, è possibile anche pernottarvi – dispone infatti di 18 camere in stile shukubo che ricordano le foresterie di un tempio buddhista. Progettato dal famoso architetto vincitore del premio Pritzker Shigeru Ban , nel resort è possibile godere di un’esperienza unica: camminare a piedi nudi lungo un ponte panoramico con vista a 360° alto 100 metri e respirare l’aroma del cedro giapponese. Zenbo-Seinei. Il programma ZEN Wellness consente di riequilibrare sia la mente sia il corpo attraverso la meditazione e la cucina di piatti originali e salutari creati con innovative tecniche di fermentazione e verdure fresche dell’Isola di Awaji

Fonte: Il Sole 24 Ore