Social media, alla ricerca di nicchie di autenticità

Annie Rauwerda non immaginava che quella sua ricetta messa in rete sarebbe diventata in poco tempo un totem identitario per i newyorkesi, tanto negli schermi accesi quanto nelle interazioni dal vivo. Eppure il suo stufato, cucinato nella cucina di casa quasi per gioco e diventato emblema di una comunità urbana, ha fatto il giro del mondo e della rete, guadagnandosi persino la prima pagina del New York Times e sbaragliando patinati influencer dai fornelli e dagli smartphone connessi. Siamo a Brooklyn.

Qui una fila chilometrica si dipana dal suo appartamento e percorre un dedalo di strade trafficate arrivando al parco cittadino, luogo di ritrovo. Lo stufato è assai speciale perché cambia a seconda degli ingredienti che le persone portano. La ricetta affonda le radici nella cultura contadina del primo Medioevo, ma con Annie Rauwerda viene attualizzata e socializzata. «Abbiamo bisogno di ritrovarci, di fare comunità», ha dichiarato Rauwerda. Il suo racconto si sviluppa su una molteplicità di piani: c’è il sito web, c’è l’account TikTok e c’è il confronto dal vivo con i suoi vicini di casa.

Ma siamo sempre più connessi e perciò più felici? Nel primo giorno del nuovo anno un’immagine è divenuta virale. Sugli Champs-Elysées vestiti a festa un fiume di persone allo scoccare della mezzanotte dà il benvenuto al nuovo anno con i rispettivi smartphone. Niente abbracci, niente baci, niente brindisi o stretta di mano. Ma per decodificare ciò che è accaduto bisogna andare oltre i luoghi comuni sull’impossibilità di comunicazione della nuova era social orizzontale e pervasiva. «Quegli smartphone illuminati raccontano la necessità di registrare quanto si sta vivendo a uso e consumo della propria nicchia di amici e familiari», ha scritto Marianne Chenou su Le Parisien. Lo certificano anche i ricercatori di We Are Social con l’indagine Think Forward dedicata alle tendenze 2024. Primo: l’economia dell’attenzione si sta spostando verso l’economia dell’immersione con un coinvolgimento maggiore rispetto al passato. Secondo: al bando le piazze aperte della prima fase pionieristica dei social, oggi gli utenti si aggregano in club costruiti come nicchie che sostengono e rafforzano gli incontri dal vivo. Terzo: quei rari scorci sul reale oggi tendono a moltiplicarsi e a restituirci autenticità e immediatezza nel virtuale.

«Negli spazi più piccoli gli utenti hanno cercato autenticità e creatività senza ostacoli. Le nicchie hanno lo scopo di salvare i social media, riportarli alle radici, lontani dalla mera mercificazione», scrivono i ricercatori. Riscuote un successo clamoroso la serie «Keep the meter running», realizzata su TikTok da Kareem Rahma: il regista sale sui taxi di New York senza meta, solo per passare del tempo con gli stessi tassisti realizzando un racconto in presa diretta. «I social assomigliano a un frequentato aeroporto dove tutti possono entrare, senza però che nessuno sia particolarmente contento di trovarsi lì in quel momento», ha scritto Sara Wilson sull’Harvard Business Review, lanciando una definizione diventata globale. I nuovi consumi online ruotano attorno al concetto di digital campfire. Si tratta di falò digitali, un richiamo a quelli vissuti in cerchio attorno a un fuoco dai giovani in spiaggia o in montagna con la comitiva di amici: spazi riservati, intimi e caratterizzati da connessioni profonde, interessi comuni, esperienze condivise.

Anche i colossi si interrogano su quanto sta accadendo. Adam Mosseri, a capo di Instagram, lo ha dichiarato senza troppi giri di parole: «Gli adolescenti oggi passano più tempo sui messaggi di quanto non facciano sulle stories o sul feed». Lo conferma anche una ricerca promossa da Zak, agenzia creativa londinese che ha intervistato 10mila giovani under 30. Quasi il 75% preferisce le conversazioni che si svolgono su messaggi privati rispetto ai feed aperti e il 38% utilizza Facebook solo per Messenger. «Siamo in una quarta era digitale: dopo quella dell’informazione, del dualismo online-offline e dell’onlife dei social, siamo entrati nell’era della frammentazione. Questa nuova fase è segnata da un contesto nuovo della piattaformizzazione e dall’ascesa di nuovi utenti della generazione Z. Così si moltiplicano quelle conversazioni non visibili le une alle altre che passano da quegli spazi di intimità dialogica e di piccolo gruppo rappresentati dalle app di messaggistica istantanea. È un salto che vediamo su un piano fenomenologico nella diversa esperienza che le generazioni fanno delle interfacce delle nuove app, TikTok in primis», afferma Giovanni Boccia Artieri, professore di scienze della comunicazione all’Università di Urbino e co-autore di «Comunicare. Persone, relazioni, media» per Laterza.

Fonte: Il Sole 24 Ore