Una storia del procurement e le sfide per l’oggi

L’evoluzione dell’organizzazione del lavoro e delle tecnologie, assurta talvolta al rango di rivoluzione industriale, ha trasformato nel tempo l’impresa e con essa le funzioni preposte alla sua gestione. Il procurement rientra tra quelle che sono maggiormente cambiate. Dalla semplice unità di servizio asservita alla produzione degli anni ’60, è oggi diventata una funzione strategica sia per la percentuale dei costi aziendali gestiti, sia per il contributo all’innovazione e alla competitività d’impresa che essa può dare. Su scala globale, la sua evoluzione può essere sintetizzata nelle macrofasi che seguono.

Gli Albori: 1850-1900

Il sistema economico globale è caratterizzato da una netta prevalenza dell’agricoltura sull’industria. La maggior parte delle aziende non dispone di un ufficio acquisti strutturato, ovvero di persone dedicate che acquistano con metodo quanto necessario. Tutti comprano tutto, soprattutto presso aziende locali e conosciute. Il maverick buying, inteso come processo senza regole e strategie di approvvigionamento, rappresenta il modus operandi generalizzato. Il primo libro interamente dedicato agli approvvigionamenti è del 1887: “The handling of railway supplies, their purchase and disposition”. In esso si parla del “materials man”, sottolineando l’importanza delle sue conoscenze tecniche e si evidenzia il contributo della funzione alla redditività d’impresa.

Lo sviluppo dei suoi fondamentali: 1900-1946

L’ufficio acquisti inizia ad apparire negli organigrammi delle aziende Europee. Negli Usa la sua diffusione è molto più capillare, basti pensare che nel 1933 nove università erogano corsi sul Procurement. Il processo d’acquisto non ha ancora una configurazione standard generalizzata e fino al 1920 oltre il 50% delle richieste d’acquisto è privo di specifica tecnica o documento equivalente. Con l’organizzazione scientifica del lavoro nascono la produzione di massa, la standardizzazione dei materiali e la gestione sistematica di ogni attività aziendale, acquisti compresi. Il procurement diventa a tutti gli effetti una funzione, seppure non primaria.

Ricostruzione e stabilizzazione del sistema economico: 1947-1960

Il mondo intero e l’Europa in particolare, vivono le fasi di sviluppo e ricostruzione. C’è bisogno di tutto e i prodotti commercializzati soddisfano i bisogni primari. Salvo rari casi non c’è concorrenza e quanto prodotto viene venduto senza la necessità di particolari politiche commerciali. Il responsabile della produzione è il deus ex machina. Più produce, più si vende. Le aziende sono pressoché autosufficienti, componenti e prodotti finali sono realizzati completamente al loro interno. Gli acquisti sono subalterni alla produzione, non sono suddivisi per gruppo merce o specializzazione e la loro incidenza sul costo del prodotto varia dal 12% al 20%. Ford istituisce il ”Commodity Research Department”, oggi chiamato marketing d’acquisto e il “Purchasing Analysis Department” per supportare i buyer nell’analisi dei cost driver dei materiali diretti.

Internazionalizzazione degli approvvigionamenti: 1960-1985

In questo periodo inizia l’esplosione delle tecnologie e la nascita dei mercati specialistici. Per alcuni componenti dei loro prodotti finiti, le imprese non dispongono del necessario know-how e devono rivolgersi al mercato e spesso a fornitori stranieri. È la prima fase dell’internazionalizzazione degli approvvigionamenti. Cambiano cultura e competenze del buyer. Oltre alla conoscenza dell’inglese, serve conoscere i tassi di cambio e le relative fluttuazioni, l’abc della contract law e l’andamento dei prezzi sui principali mercati. Nelle aziende americane, ai buyer che comprano localmente vengono affiancati compratori esperti nell’acquisto internazionale. Dal 1970, si diffonde la pratica del decentramento tattico dei processi non core e, negli anni ’80 grazie alla spinta liberistica di Reagan e Thatcher, iniziano la globalizzazione del commercio e la ristrutturazione internazionale della produzione, ovvero l’esternalizzazione di interi processi produttivi nei paesi a basso costo della manodopera. Tutto questo fa salire l’incidenza degli acquisti sul costo prodotto al 45%-55%.

Fonte: Il Sole 24 Ore