Fiction e film italiani, cambiano le quote di investimento per tv e piattaforme

Una netta modifica ai criteri di investimento nei prodotti audiovisivi europei, italiani e dei produttori indipendenti. Lo prevede il parere fornito dal Parlamento al governo allo schema di riforma del Tusma, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici in via di modifica. Le commissioni di Camera e Senato, chiamate a redigere il parare, segnalano infatti come “opportuno” un intervento volto a una razionalizzazione e rimodulazione in termini di «maggiore flessibilità e certezza degli adempimenti» posti in capo alle emittenti diverse dal servizio pubblico e alle piattaforme, ma ritengono «allo stesso tempo importante salvaguardare e implementare la sotto quota da destinare ad opere di espressione originale italiana, anche con riferimento alle opere di animazione».

Le critiche dell’opposizione

L’intervento è stato votato dalla maggioranza e criticato dall’opposizione e dagli addetti ai lavori, a partire dai produttori indipendenti che vengono penalizzati dalle proposte di modifica degli obblighi sulle quote di investimento delle emittenti tv e delle piattaforme. «Il governo tradisce il cinema indipendente italiano, altro che Fratelli d’Italia, inchinandosi alle major si sono dimostrati Fratelli di Hollywood» ironizza la deputata M5S Anna Laura Orrico. Ed anche Avs denuncia la riproposizione dell’antica questione del conflitto di interessi, con l’accoglimento da parte della maggioranza di «molte delle richieste avanzate da Mediaset».

La protesta dei produttori indipendenti

A protestare ci sono anche i produttori indipendenti: quelli di Anica e di Cna hanno lanciato il loro allarme a ridosso della votazione nelle commissioni, esprimendo “forte preoccupazione” per gli interventi. E lo fa addirittura anche l’Epc, l’associazione di 190 produttori indipendenti provenienti da 32 paesi europei più il Canada, che mette in guardia: le modifiche proposte rischiano di mettere a repentaglio l’intero «panorama culturale e creativo in tutta Europa».

Emittenti private, sale al 70% la quota di investimenti per opere italiane

In particolare le osservazioni del Parlamento prevedono che le emittenti, diverse dalla tv pubblica, riservino alla produzione o acquisto di opere europee prodotte da produttori indipendenti una quota dei propri introiti netti annui in Italia del 10% rispetto alla precedente previsione che indicava una quota “non inferiore al 12,5%”. Di contro sale invece da «almeno» il 50% al 70% la quota dei predetti investimenti da destinare ad opere italiane. Scende invece all’1,75%, dal precedente 3,5% degli introiti netti, la sotto-quota “italiana” riservata ai produttori indipendenti.

Le norme per le piattaforme

Per quanto riguarda invece le piattaforme, e cioè i “media audiovisivi a richiesta”, scende al 16%, dal 20%, la quota di introiti da destinare agli investimenti in opere prodotte dagli indipendenti: la percentuale è inferiore alla previsione iniziale che era stata stabilita al 17% fino al 31 dicembre 2022, al 18% cento dal 1° gennaio 2023 e, appunto, 20% a partire dal 1° gennaio 2024. Anche per le piattaforme sale invece dal 50% al 70% la quota riservata alle opere di espressione originale italiana. E scende da un quinto a un decimo la sotto-quota per i produttori indipendenti. Inoltre per quanto riguarda le opere audiovisive di espressione originale italiana, si evidenzia di «prevedere specifiche misure per garantire l’investimento e la programmazione con apposite sotto-quote per le opere di animazione».

Fonte: Il Sole 24 Ore