Vaccini agli ospiti delle Rsa, dal Tribunale di Milano un vademecum per capire chi dà il consenso

Le nuove norme

«L’autonomia di decidere a quali trattamenti medici sottoporsi – osserva Maria Carla Barbarito, responsabile del dipartimento di diritto di famiglia di Lca Studio Legale – è un diritto tutelato costituzionalmente e garantito anche a livello internazionale dalla Convenzione di Oviedo del 1997. Ogni paziente deve avere una specifica informazione sul trattamento medico a cui deve sottoporsi così da poter esprimere un’accettazione o un rifiuto volontari, consapevoli e coscienti». Le nuove disposizioni, prosegue, «sono dedicate alle persone fragili, che, seppur maggiorenni, non sono in grado, in tutto o in parte, di intendere e di volere. Va ricordato che, se in alcuni casi si tratta di incapacità riconosciuta legalmente, con la nomina di un tutore, un curatore o un amministratore di sostegno, nelle Rsa sono molte le situazioni di incapacità naturale. Le soluzioni individuate dal decreto legge riescono a mantenere un equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione».

Anzitutto, si dispone che le persone incapaci esprimono il consenso al trattamento sanitario per le vaccinazioni anti Covid attraverso il loro tutore, curatore o amministratore di sostegno, o il fiduciario che, in linea con quanto previsto dalla legge 219/2017, devono sempre cercare di raccogliere ove possibile la volontà dell’incapace.

Se queste figure non ci sono o non sono reperibili, deve essere il direttore sanitario o il responsabile medico della residenza sanitaria in cui l’incapace è ricoverato (o il direttore sanitario della Asl o un delegato) ad assumere la funzione di amministratore di sostegno dell’incapace, solo per la prestazione del consenso al vaccino. I soggetti incaricati di esprimere il consenso devono però prima sentire il coniuge, la persona parte di unione civile o convivente o, in mancanza, il parente più prossimo entro il terzo grado dell’incapace. Se questi acconsentono, il medico deve inviare una comunicazione al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio. La norma precisa che il consenso non può essere espresso in difformità dalla volontà dell’interessato o, se lui non è in grado, dei parenti indicati. In caso di rifiuto, il medico può chiedere, con ricorso al giudice tutelare, l’autorizzazione a fare comunque la vaccinazione.

Quando poi non è possibile procedere per mancanza di disposizioni di volontà dell’interessato, anticipate o attuali, e per irreperibilità o indisponibilità dei parenti, il consenso dato dal medico-amministratore di sostegno deve essere comunicato immediatamente al giudice tutelare che, nelle 48 ore successive, deve convalidare il consenso. Se la convalida viene negata, il consenso è privo di effetti. Mentre il silenzio del giudice tutelare nelle 48 ore equivale ad assenso.

L’applicazione

«La procedura prevista dal decreto legge non sta creando problemi – dice Giovanni Belloni, presidente della Società italiana medici Rsa (Simersa) -. Ci assumiamo una responsabilità nell’ottica della tutela della salute pubblica».

Fonte: Il Sole 24 Ore