Al Luxury Summit le nuove sfide del lusso tra formazione e sostenibilità 4.0

Formazione e sostenibilità sono le nuove sfide del lusso, tema centrale del Luxury Summit 2024, tradizionale appuntamento del Sole 24 Ore giunto alla sua 16esima edizione e realizzato in collaborazione con HTSI. Un’industry, quella del lusso, «che anche nei momenti peggiori ha continuato a dare soddisfazioni – ha spiegato in apertura il direttore de Il Sole 24 Ore, Fabio Tamburini –, ma che adesso sta scontando gli effetti di eventi straordinari come la crisi della Russia prima e le guerre in Ucraina e in Palestina, ma anche le politiche per la lotta all’inflazione che stanno mettendo a dura prova Paesi importanti per questo settore». Sostenibilità, innovazione e formazione sono leve strategiche di crescita «per garantire un futuro alle imprese del comparto coniugando artigianalità con tecnologia», afferma Federico Silvestri, direttore generale Media and Business del Gruppo 24 ORE e amministratore delegato di 24 ORE Eventi.

Se il momento è complesso le previsioni ci dicono che i consumatori del lusso sono destinati ad aumentare del 20% nei prossimi cinque anni, arrivando a 500 milioni. A dirlo è stato Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda: «Il timore di molte aziende è la scarsità della produzione e nel medio termine ci sarà bisogno di lavoro. Bisogna perciò attrarre i giovani puntando su innovazione, formazione, ma soprattutto pagandoli di più senza però aumentare il costo del lavoro. Quindi bisogna lavorare sul cuneo fiscale». Capasa ha poi sottolineato la necessità di «lavorare meglio sulla collaborazione tra pubblico e privato» oltre che «migliorare l’istruzione nelle scuole, collegandole alle aziende».

Purtroppo, secondo Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici ed esponente del Comitato education Confindustria Moda, si è fatto un passo indietro su questo tema per via della produzione in crisi. Occorre invece continuare «a dialogare con le scuole e portare gli studenti nelle fabbriche perché quella della professionalità dell’artigiano è una visione che dobbiamo dare ai giovani». Anche perché «servono 346mila profili nei sette settori che noi rappresentiamo, dalla moda all’automotive al design – ha confermato Stefania Lazzaroni, direttrice generale Fondazione Altagamma –. Solo il 50% di questi profili può essere trovato se andiamo avanti così. Bisogna sensibilizzare le famiglie sul tema, ma anche intercettare le scuole e indirizzarle sul tipo giusto di formazione per talenti manifatturieri».

Il cambio generazionale è fondamentale «per non ritrovarsi con una filiera di vecchi»: lo ha detto Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia, secondo il quale la filiera del tessile e moda «deve diventare più sexy per le nuove generazioni. Il tema è abbastanza complicato e non bastano le imprese e i sindacati. Se il Governo non gioca la partita, si corre il rischio che da fuori tentino di imitarci oppure vengano a prendersi pezzi interi della nostra manifattura».

Gli artigiani vanno creati, formati,valorizzati. Ne è convinto anche Diego Della Valle, presidente e amministratore delegato del gruppo Tod’s: «L’artigianato va assolutamente supportato perché la qualità del made in Italy che vogliamo divulgare nel mondo passa attraverso il savoir faire. Oggi l’artigiano è merce rara. Possiamo aprire negozi in tutto il mondo, ma nelle fabbriche dobbiamo metterci le persone». E c’è un altro aspetto da non sottovalutare, ha concluso Della Valle: «Non si può pensare di essere ambasciatori della qualità del made in Italy se non si garantisce la qualità della vita delle persone che lavorano nelle nostre aziende. La sostenibilità sociale è importante e su questo fronte noi siamo in prima fila».

Fonte: Il Sole 24 Ore