Alunni con gravi handicap, in ambiente scolastico deve provvedere il Comune

L’istruzione deve essere garantita. E all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione di alunni con gravi handicap in ambiente scolastico deve provvedere il Comune. È una delle motivazioni con cui la prima sezione del Tar di Cagliari ha accolto il ricorso (sentenza numero 00574/2022) presentato dal padre di un ragazzo di 13 anni iscritto alla seconda media, dichiarato “invalido con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.

Nel 2018 le prime difficoltà

La vicenda inizia quattro anni fa, quando cominciano a presentari i primi problemi. «Fino all’anno scolastico 2016-2017 (II elementare) le collaboratrici scolastiche hanno sempre accompagnato e assistito il minore, in sedia a rotelle, nell’espletamento di detti bisogni – si legge nel dispositivo che ricostruisce l’esposizione del padre del ragazzo -. A partire dall’anno scolastico 2017-2018 (III elementare), la scuola, adducendo difficoltà nella movimentazione dell’allievo, ha richiesto l’intervento quotidiano del padre su chiamata telefonica e/o diretta dei bidelli».

Il padre fuori dalla scuola

Da qui la decisione del padre del ragazzo di stazionare nei pressi della scuola «in attesa delle chiamate (circa 2-3/giorno) del personale scolastico perché prestasse l’assistenza igienico-personale al figlio».

Dal 2017 la richiesta di ottenere l’attivazione del servizio di assistenza specialistica per il figlio durante l’orario scolastico.Richieste senza risposta«Malgrado le interlocuzioni svolte con le amministrazioni interessate (Amministrazione scolastica, Ufficio del giudice tutelare, Amministrazione comunale) il richiesto servizio di assistenza personale non è stato avviato» e il padre «ha continuato quindi a stazionare quotidianamente in prossimità dell’Istituto in attesa di essere chiamato dal personale scolastico, al bisogno, per condurlo e assisterlo al bagno». Nel 2021 l’inserimento nel piano educativo individualizzato la richiesta di assegnazione di un assistente alla persona perché «non potevano essere svolte dal personale scolastico ma incombessero sull’Ente locale».

Per il comune però a dare assistenza al minore sarebbe bastato il personale Ata. Quindi il ricorso al Tar del padre del ragazzo. In mezzo c’è anche un passaggio in cui il Tribunale accoglie l’istanza cautelare “ai fini del riesame, da parte dell’amministrazione comunale, della posizione dell’alunno, al fine di addivenire all’assegnazione di un’assistenza specialistica in relazione alle sue effettive esigenze assistenziali”, respinge la domanda del Comune di riforma del provvedimento cautelare di primo grado. L’amministrazione, quindi, attiva il servizio di assistenza al minore per 24 ore settimanali.

Fonte: Il Sole 24 Ore