Anche vestirsi può essere molto complicato

False friends: sono le parole inglesi che ci sembrano facili da tradurre (amiche, appunto), ma che in realtà ci fanno cadere in trappola. Stylist è un «falso amico» particolarmente subdolo: la tentazione di tradurre con stilista – come accadeva nella serie televisiva e nei film Sex and the City e continua a succedere nel sequel And just like that, arrivato da poco anche in Italia – è fortissima (nella foto in alto, Patricia Fields, una delle stylist americane più famose, con Sarah Jessica Parker, protagonista di Sex and the City e del sequel, con i quali la Fields ha collaborato).

La struttura (agile) del libro

Come lo è quella di tradurre editor con editore, invece del corretto direttore. Serviva il libro di Susanna Ausoni e Antonio Mancinelli per spiegarci cosa significa stylist e styling e per capire che, semplicemente, in italiano non esistono corrispondenti, bisogna usare l’originale. Parliamo – raccontano tra scambi di mail, microbiografie e aneddoti gli autori – di colei o colui che si fa carico (molto volentieri, ovviamente) dello stile di persone, in genere celebri, bisognose di consigli su come vestirsi e accessoriarsi, soprattutto in pubblico. Ma la / lo stylist può anche dedicarsi alla scelta di come vestire i protagonisti di un servizio di moda o di una campagna pubblicitaria o di un set televisivo o cinematografico. O può essere chiamato persino per lo styling di una sfilata, cioè per decidere cosa mandare in passerella, pescando dall’universo di una collezione.

Senso estetico e intuito psicologico

Gli stylist non disegnano o creano, bensì scelgono, dando vita a un’alchimia tra il loro gusto personale e il loro intuito estetico e commerciale e le esigenze dei clienti o committenti. Stilista è una parola che abbiamo inventato in Italia: in inglese si dice designer, in francese créateur: non c’entra con lo stylist ma le due figure possono coesistere, diventare complementari. Un po’ come Susanna Ausoni e Antonio Mancinelli con i rispettivi racconti e punti di vista: la prima è una stylist di professione, il secondo un giornalista e uno storico della moda. Scegliere può essere divertente, ma anche molto complesso: l’offerta di marchi e prodotti è sempre più ampia, nuovi brand spuntano come funghi grazie al web e rispetto a qualche anno fa si sono moltiplicate pure le collezioni e i lanci.

Non solo celeb

Un mare magnum in cui stylist e giornalisti devono navigare: in una redazione la rotta si può trovare insieme, innescando un circolo virtuoso tra sguardo interno ed esterno di persone che parlano la stessa lingua, quella della passione per la moda. Più complicato, per gli stylist, lavorare con celeb e direttori creativi di grandi marchi: in questi casi occorre essere un po’ psicologi, per capire punti di forza e debolezza, fisici e mentali. Lo styling di successo fa sentire le persone più sicure o soddisfatte di sé quando si vedono allo specchio o si rivedono in foto. E naturalmente quando le vedono gli altri, perché il modo di vestire racconta ciò che siamo. O che non siamo. O che vorremmo essere. Il libro è utile a chi aspira a diventare stylis di professione e a chi vuole imparare piccoli (e grandi trucchi) per mostrare al mondo, grazie ad abiti e accessori, qualcosa di sé, senza usare le parole, che spesso sono proprio dei false friends.

Il libro esce domani in tutte le librerie: L’arte dello styling. Come raccontarsi attraverso i vestiti, di Susanna Ausoni e Antonio Mancinelli (Vallardi, 224 pagine, 18 euro)

Fonte: Il Sole 24 Ore