Auto, pc e lavatrici: incubo consegne. Ecco come si sono allungati i tempi di attesa

«Acciaio e alluminio, settori con marginalità risicata – dice Trucco – sono due esempi emblematici. L’esplosione delle tariffe elettriche ha indotto le imprese a ridurre la produzione e a gerarchizzare le forniture mettendo in cima quelle ad alto valore aggiunto». La priorità è stata data ancora all’elettronica e l’automotive è scivolato ancora in coda. Allora, succede che se si ordina un tavolo servono trenta-quaranta giorni, ma se il tavolo ha un piano laminato, si arriva anche a quattro mesi. Gli elettrodomestici delle cucine sono un terno al lotto.

La manodopera delocalizzata a Est ha un impatto non secondario. Audi, per esempio, con attese fino a 13 mesi per le consegne di alcuni modelli, paga la crisi di Leoni, la società che ha a Kiev lo stabilimento per la lavorazione dei cavi interni delle vetture (ce se sono circa 5 chilometri per ogni macchina). Così come sono in grave difficoltà gli utilizzatori di semilavorati della metallurgia prodotti in Ucraina.

Crisi dei trasporti

Infine, i trasporti che incombono ancora sul commercio mondiale. Il lockdown ferreo cinese e il blocco prolungato del porto di Shanghai ha determinato nelle scorse settimane un allungamento dei tempi dei viaggi e scarsità dei container (fermi a lungo sulle navi e quindi non più disponibili). Dell’aumento dei noli, fino al 300% in un anno, si è molto parlato, mentre è rimasto sottotraccia l’effetto a cascata sui tempi di consegna causato dall’ingorgo cinese, con i porti del Nord Europa e americani che soffrono ancora gli effetti del blocco (per l’Italia si aggiungono i problemi dell’autotrasporto con la carenza di autisti che sta costringendo le imprese a non accettare viaggi aggiuntivi).

È solo un’emergenza o diventerà una situazione strutturale? «Le imprese – dice Riccardo Passerini, analista di EY – hanno la necessità di acquisire e consolidare flessibilità e resilienza nella catena di fornitura. La massima efficienza si raggiunge nel momento in cui si riesce a calibrare l’approvvigionamento, la produzione e la distribuzione con i livelli ottimali di scorte e risorse necessarie a soddisfare i propri clienti. In un contesto di scarsità di risorse e di domanda molto elevata, bisogna ripensare i rapporti con le terze parti e valutare potenziali opzioni di estensione di joint business planning con i fornitori o reshoring».

Back reshoring e just in time

Il back reshoring può essere un’opzione. «Secondo un rapporto di Allianz, su circa 1.200 multinazionali con sede in Usa, Regno Unito, Francia, Germania e Italia, meno del 15% di queste considererebbe il rientro nel Paese d’origine come una possibilità, ma circa il doppio potrebbe rilocalizzare alcuni stabilimenti in Paesi limitrofi. Tuttavia – spiega Passerini – non è ancora possibile comprendere se quanto avvenuto nel 2020 e 2021 è un trend che si confermerà nei prossimi anni».

Fonte: Il Sole 24 Ore