“Carmen” di Damiano Michieletto alla Royal Opera House

Lo vedremo alla Scala nella prossima Stagione questo allestimento di “Carmen” che ha debuttato alla Royal Opera House con la regia di Damiano Michieletto. Primo incontro del regista – e dei suoi consolidati collaboratori Paolo Fantin (scene), Carla Teti (costumi) – con un’opera assurta quasi a dimensione totemica. Un’opera che è il frutto di quella che nel 1875 era la capitale teatrale e musicale d’Europa (cioè, allora, del mondo); dove ogni singola nota ha perfetto senso (ricordiamo la “conversione” di Nietzsche, da Wagner a Bizet, come Paolo sulla Via di Damasco ?); e dove esplode la tensione fra gli archetipi e fra i tabù.

Ambientazione anni ’70

In seguito la storia di Carmen ha molto attratto lo spettacolo, da Rita Hayworth a Beyoncé; è stata raccontata in varie versioni, dal flamenco all’hip-hop; ambientata dai Paesi Bassi fino al Sudafrica; nei cartoni di Tom e Jerry; e in più di settanta film, da Charlie Chaplin a Jean-Luc Godard. Michieletto e il suo team – cui uniamo il lighting designer Alessandro Carletti – superano con successo la temibile prova. Lo dimostrano la credibilità e modernità della recitazione della protagonista in scene topiche (e usurate) come l’Habanera, la prossemica fra lei e Don José nell’ufficio di Polizia o, sempre fra loro, in quella finale dell’uccisione; l’ambientazione anni ’70 in una riarsa, modesta provincia spagnola, con costumi che immediatamente ci trasportano in quel preciso periodo; l’aver risolto con freschezza scene abusate come quelle nella taverna del II atto. E ancora, la propulsione drammaturgica realizzata attraverso il disegno luci, dove sono due i protagonisti: una griglia con cento fari a luce bianca o gialla, a vista, che s’inclina si alza si abbassa; e quattro riflettori da cinema (da “cinquemila”), due per parte agli angoli della ribalta. Un eccesso didascalico la ripetuta presenza della donna in mantiglia nera ( la Madre, la Morte…), non necessaria. Nel ruolo del titolo la ventisettenne Aigul Akhmetshina, nata in un villaggio degli Urali, risplende nella sua ricca vocalità in tutti i registri e nel suo physique du rôle; si è già fatta conoscere anche in Italia, all’Arena di Verona e al S. Carlo. Il direttore Antonello Manacorda disegna una convincente interpretazione, anche se avremmo desiderato una maggiore attenzione agli splendidi disegni della scrittura orchestrale bizetiana.

Carmen, Royal Opera House, Londra, fino al 31 maggio

Fonte: Il Sole 24 Ore