“Civil War”, una distopia estremamente realistica in un film inquietante

Molta carne al fuoco

Se il soggetto di partenza è davvero fortissimo, la resa complessiva viene in parte indebolita dalla troppa carne al fuoco, soprattutto nell’unione tra il versante politico della vicenda, quello sociologico e gli spunti relativi alla professione dei protagonisti.L’esperienza di visione è senza dubbio inquietante, ma si poteva forse spingere ancora di più sul versante delle differenti reazioni del popolo americano rispetto a ciò che sta avvenendo: tra chi vuole lucrare, chi vede crescere in sé l’odio per chi sente diverso e chi invece finge che nulla stia realmente accadendo.

Seppur una maggiore incisività generale non avrebbe guastato, “Civil War” è comunque una pellicola imperdibile, che conferma il talento di un regista forse non ancora del tutto esploso, ma che dimostra ancora una volta la sua notevole mano dopo i buoni risultati ottenuti con i suoi lavori precedenti.

Il cassetto segreto

Tra le novità in sala si segnala anche “Il cassetto segreto” di Costanza Quatriglio, regista nota per documentari di pregevole fattura, come “Terramatta” (2012) e “Triangle” (2014). Costanza Quatriglio è figlia di un padre famoso, di nome Giuseppe, un giornalista e autore siciliano che ha girato il mondo grazie al suo lavoro. Nato nel 1922 e scomparso nel 2017, Giuseppe Quatriglio ha riempito la sua casa di libri, memorie e testi di vario genere ed è in questo ambiente che la figlia è cresciuta.Dopo la morte del padre, la regista si troverà a catalogare questo straordinario archivio, che mescola articoli e fotografie, filmini e registrazioni, realizzati da un uomo che è venuto a contatto durante la sua esistenza con numerose celebrità e che ha testimoniato eventi epocali che hanno segnato la storia.

Scoperchiando questo “cassetto segreto”, Costanza Quatriglio dà vita a una pellicola intima e personalissima, in cui finirà per capire molte cose che aveva in comune con suo padre e di cui non conosceva del tutto l’esistenza.Questo documentario si trasforma così in un lungometraggio che rappresenta inoltre una sorta di autoanalisi da parte della regista, per cercare di superare il lutto paterno e un’assenza che tutti quei materiali non possono certo riempire.

Alcune modalità della struttura de “Il cassetto segreto” sanno un po’ di già visto, ma l’operazione è comunque toccante e ricca di forte sensibilità. Peccato che la durata sia eccessiva (circa 132 minuti, davvero non necessari), ma forse era un modo in più per la regista di non staccarsi dalla figura paterna.

Fonte: Il Sole 24 Ore