Crescono i consensi per Draghi ai vertici Ue. L’affondo di Salvini

Senza dire nulla nello specifico, Matteo Salvini dice la sua su Mario Draghi. Perché con curioso tempismo escono i primi stralci del suo nuovo libro: la presentazione è prevista il 25 aprile, a Milano, a due passi dalle manifestazioni per la Liberazione. I primi brani del volume resi noti raccontano di uno stile dell’ex premier che non ha convinto molto il leader leghista. Che faceva parte del suo governo ma, racconta, non è stato consultato sui ministri (alcuni “sconcertanti”). Mentre è stato sondato «come in generale il centrodestra», per una sua «eventuale ascesa al Colle».

Il nome di Draghi in campo

Un affondo, indiretto, che arriva mentre continua a fare discutere, a Roma come a Bruxelles, l’intervento di Draghi sulla competitività e le sfide che aspettano l’Europa. Ne parlano i partiti italiani, alle prese con le liste per le elezioni europee, e ne parlano i leader riuniti per l’ultimo Consiglio, straordinario, prima del voto del 9 giugno. Il nome di Draghi in campo c’è, ma poi bisogna raccogliere il consenso dei partner (e dei parlamentari europei, nell’ipotesi della presidenza della Commissione) e non bisogna dimenticare che spesso «chi entra papa esce cardinale», come sottolinea, sibillino, il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti.

Gli elogi di Macron

L’ex premier non è certo in cerca di incarichi, ma sta preparando con impegno il dossier che presenterà tra giugno e luglio, comunque dopo il voto, dice chi ha avuto modo in questi giorni di contattarlo, sottolineando proprio che per ipotizzare qualsiasi scenario prima bisogna aspettare l’esito delle elezioni. Un concetto che esprime anche Emmanuel Macron, nei rumors tra i principali sponsor di un ruolo di primo piano per l’ex presidente della Bce nei nuovi assetti europei post voto: Draghi, dice il presidente francese, «è un amico formidabile» ed è stato «un grande presidente del consiglio» ma, si tiene cauto, «la politica non si fa così».

Il gradimento di Orban

Certo Draghi piace, perfino a Viktor Orban che per la seconda volta esprime il suo gradimento ma precisa di non voler «interferire» con questioni italiane. Perché è chiaro che il nome dell’ex banchiere riempirebbe nella commissione la casella che spetta all’Italia. E che non potrebbe che essere, nel caso, un nome portato da Roma. Il primo ministro ungherese, peraltro, incorona Meloni come possibile “guida” dei conservatori europei, mentre sono aperte le trattative per un ingresso del suo partito in Ecr di cui lei è presidente. Ma la questione Orban, così come quella di eventuali altri ingressi, è rinviata sempre a dopo il 9 giugno. Mentre più vicina dovrà essere la valutazione sull’opportunità o meno di indicare uno Spitzenkandidat per la commissione.

La cautela di Morawiecki

I polacchi premono e hanno anche già un nome, quello dell’europarlamentare Jacek Saryusz-Wolski, come annuncia l’ex premier Mateusz Morawiecki. Che ha visto Meloni e con lei ha parlato, tra l’altro, proprio di configurazioni politiche dopo le elezioni del Parlamento europeo. Anche il leader del Pis è cauto sul nome di Draghi perché «resta da vedere se ci sia abbastanza potere politico per presentarlo come un candidato valido».

Fonte: Il Sole 24 Ore