Empatia, un viaggio verso l’altro con non pochi rischi

Un percorso faticoso

Questo esempio, seppur in qualche modo estremo, mostra però in maniera emblematica il rischio del dilemma morale. Ma se spostiamo la questione sul piano più strettamente quotidiano delle nostre relazioni personali e professionali, ci rendiamo conto della fatica che genera in noi l’avere a che fare con il disagio altrui e di come l’empatia possa divenire un formidabile “strumento diagnostico” utile per comprendere il “dolore” altrui senza lasciarsene contagiare, con l’obiettivo di restare lucidi e razionali e quindi capaci di essere davvero d’aiuto.

L’empatia può essere paragonata a un viaggio presso l’altro, un viaggio idealmente di due sole tappe e, soprattutto, di andata e ritorno. Rischia spesso e volentieri di divenire un viaggio di sola andata e di ben quattro tappe. In una qualunque situazione relazionale, possiamo dirci capaci di ascolto autentico e inclusivo quando, tra le altre cose, riusciamo a immedesimarci nell’altro e ad assumermene la prospettiva (prima tappa) per immaginare (seconda tappa) cosa l’altro veda, provi e pensi dal proprio punto di vista. Raccolto questo prezioso materiale emotivo e cognitivo, ci tocca tornare in noi per prenderci a quel punto cura dell’altro, forti di quanto appreso rispetto alla sua condizione.

Ahimè, molto spesso l’entrare in contatto con la condizione altrui, soprattutto se di disagio, genera il cosiddetto “contagio emotivo”, ovvero quella circostanza nella quale cominciamo a provare profondamente quello che l’altro sente (terza tappa) e a entrare in una situazione di “dolore” (ultima tappa senza ritorno).

Giunti in questa landa estrema, desolata e dolorosa, noi avremo un solo obiettivo: far cessare il dolore altrui affinché cessi il nostro dolore. Reagiremo con la fuga, la manipolazione oppure l’aggressività. In altri termini, egoisticamente annulleremo l’altro col solo e comprensibilmente umano obiettivo di tutelare noi stessi. Certamente non saremo in grado di aiutare l’altro.

Ora, raccontata così sembra facile, nel senso che usare l’empatia come strumento per restare razionali e davvero capaci di supporto verso gli altri sembra un gioco da ragazzi. Eppure non lo è, nella misura in cui quello che abbiamo chiamato contagio emotivo avviene in maniera molto più subdola di quello che potrebbe sembrare. E ci ritroviamo a scappare dalle relazioni oppure a manipolarle, oppure ancora ad essere aggressivi.

Fonte: Il Sole 24 Ore