Fratelli Rossetti celebra 70 anni: dalla scommessa sul retail alla (fiera) indipendenza

«Ricordo ancora l’espressione di nostro padre quando gli dissi, nemmeno troppo timidamente, che avrei voluto frequentare l’università, forse azzardai addirittura l’ipotesi di una laurea in filosofia. Mi convinse a desistere, proponendomi di seguire i miei sogni di pensatore astratto nei ritagli di tempo. Quasi certamente aveva ragione, la passione per le calzature animava nostro padre e fa parte anche di me, di noi».

Diego Rossetti ripercorre, insieme ai fratelli Luca e Dario, il suo percorso nell’azienda fondata dal padre Renzo nel 1953 e che si appresta a festeggiare i 70 anni con un evento durante la settimana della moda di Milano che inizia martedì prossimo. «Non è stato facile aspettare settembre, è un anniversario importante e tutti, in famiglia e in azienda, scalpitiamo da mesi per celebrarlo pubblicamente – aggiungono quasi all’unisono –. Ma era giusto attendere la settimana della moda di Milano, questa città resta il centro del nostro mondo, insieme a Parabiago, piccola grande capitale dello storico distretto calzaturiero lombardo, dove nostro padre gettò le basi per questi sette decenni di crescita ed evoluzione».

Di cambiamenti Renzo Rossetti e i suoi figli ne hanno visti tantissimi: alcuni spiegano molto dell’attuale sistema moda e in particolare del segmento di alta gamma, dove il marchio è posizionato di diritto. «Non è facile restare indipendenti e negli anni abbiamo ricevuto molte offerte da altre aziende, grandi gruppi, fondi di investimento, ma la libertà che abbiamo sempre avuto, e che in fondo ci ha insegnato nostro padre, è impagabile – aggiungono Diego, Luca e Dario –. Il primo passaggio generazionale è andato bene, ci siamo divisi i compiti e anche quando non si è d’accordo e si litiga, tra fratelli è più facile riconciliarsi. Alcuni dei nostri figli potrebbero fare la nostra stessa scelta, se lo vorranno e continueremo a essere liberi, anche di sbagliare, qualche volta». In realtà di grandi errori o passi falsi non se ne ricordano: come tutti, il marchio ha sofferto per le crisi globali post 11 settembre, per quella innescata nel 2008 dal crac di Lehman Brothers e naturalmente per il Covid.

Ma i pilastri su cui si fonda Fratelli Rossetti, che potremmo definire autentica cultura calzaturiera e senso dello stile italiano, hanno sempre permesso una rapida ripresa. «Adesso ci guardiamo intorno e pensiamo che tutto quello che vediamo sia normale, che sia sempre stato così. Ma io, in particolare, ho l’età per ricordarmi quando i negozi monomarca di calzature erano pochissimi e c’è stato un tempo, neppure troppo lontano, in cui i grandi marchi della moda e del lusso specializzati in abbigliamento, alle scarpe dedicavano pochissimo spazio. E se le calzature c’erano, erano sempre fatte esternamente», racconta Diego, che fu il primo dei fratelli ad affiancare il padre nella gestione dell’azienda. «Siamo stati tra i primi a investire nel retail diretto e senza compromessi, per così dire: a Milano fino a pochi mesi fa eravamo in via Monte Napoleone, a New York sulla Madison Avenue: aprimmo nel 1979, quando i marchi italiani a Manhattan erano veramente un gruppetto sparuto».

I tre fratelli hanno anche investito in una “digitalizzazione ante litteram”, mettendo in comunicazione i sistemi di gestione dei negozi e dei magazzini di vari Paesi. «Un’altra cosa che diamo per scontata oggi è la pervasività della tecnologia, ma noi, che abbiamo visto sia il mondo pre-digitale che questo, non dimentichiamo le differenza – riprendono in coro Diego, Luca e Dario Rossetti –. La sfida è creare un legame e cavalcare al meglio la rivoluzione digitale e anche i cambiamenti che ha portato nella comunicazione e nella distribuzione, a partire dall’e-commerce».

Fonte: Il Sole 24 Ore