Frette, dal tessile al lifestyle puntando sull’italianità

Non solo un esperimento di fisica quantistica, ma anche un edificio può dimostrare la convinzione di Albert Einstein che «la separazione fra passato, presente e futuro è solo un’ostinata illusione». A Concorezzo, cittadina di circa 16mila abitanti in provincia di Monza-Brianza, le dimensioni del tempo stanno per incontrarsi, precisamente in via Monza, nell’area dove sorgeva la manifattura Frette, storico marchio del tessile italiano, nato nel 1860 e controllato dal fondo europeo Change Capital Partners, che nel 2010, dopo 150 anni, aveva abbandonato la cittadina brianzola. «È un sogno per noi – racconta da New York il ceo Filippo Arnaboldi, alla guida di Frette dal 2017, ma in azienda dal 1999 –: il 17 febbraio firmeremo il contratto con il Comune di Concorezzo e dopo l’estate avvieremo i lavori. Abbiamo 24 mesi di tempo per riportare la vita in quegli edifici,dove l’azienda è nata e cresciuta».

Era stata l’amministrazione locale, che ha acquistato l’area abbandonata nel 2021, a contattare Frette per proporre un progetto di recupero e rilancio: «Con un investimento di circa 3 milioni realizzeremo non solo la nostra sede storica, ma anche spazi aperti alla comunità, un museo dell’industria tessile, con un percorso che sia racconto e condivisione della nostra storia e di quella dell’Italia».

Sì, perché era appunto il 1860, un anno prima dell’unificazione del Regno, quando Edmond Frette, figlio di imprenditori tessili di Grenoble, lasciò la Francia per trasferirsi in Brianza: «All’epoca la zona era un centro d’eccellenza e innovazione manifatturiera», spiega Arnaboldi. E grazie, già allora, a questo “saper fare”, Frette riuscì a conquistare la clientela più importante e facoltosa d’Europa, entrando nei palazzi, negli hotel e nei transatlantici più belli, nei saloni del Vaticano e delle ambasciate: «Nel nostro archivio sono raccolte tutte le prove di tessitura per questi clienti, un patrimonio che finalmente valorizzeremo con il progetto di Concorezzo – prosegue l’ad –. Con esso avviamo una nuova strategia, che punta convintamente sull’italianità».

Ne fa parte anche la scelta di rientrare, lo scorso anno, in Fondazione Altagamma, l’associazione delle aziende d’eccellenza del made in Italy, lasciata nel 2008: «È stato un errore sottovalutare il mercato italiano, strada intrapresa fin dal 1978, quando la proprietà decise di puntare sugli Stati Uniti– aggiunge –. Certo, oggi il mercato statunitense genera il 70% del nostro fatturato, quello italiano il 15%. Ma le prospettive di crescita sono molto importanti, trainate anche dal veloce sviluppo dell’hotellerie di lusso nel Paese, categoria che costituisce il 40% dei nostri ricavi».

La produzione di creazioni su misura per gli hotel (1.500 le collaborazioni all’attivo, fra le più recenti quella con il Portrait di Milano) ha caratterizzato da sempre Frette: «Riusciamo ad accompagnare il consumatore in esperienze piacevoli in numerosi spazi, in casa, in vacanza, mentre viaggia o fa shopping. E stiamo inoltre sviluppando la parte outdoor, accanto ai progetti per gli yacht, sempre più numerosi. Non siamo percepiti come un marchio tessile, ma che offre un lifestyle». L’azienda – che oggi conta 140 punti vendita nel mondo, di cui 30 a gestione diretta – sta crescendo proprio puntando sullo sviluppo di questa percezione: «Abbiamo chiuso il 2022 con 128 milioni di ricavi, rispetto ai 101 del 2021. Il nostro obiettivo è raddoppiare il fatturato entro il 2026 – nota il ceo –. Lo faremo anche sviluppando l’area dell’Asia-Pacifico (dove Frette ha aperto 3 negozi dei 4 inaugurati nel 2021, nda), che oggi vale solo il 10% ma dove vediamo grandi potenzialità, come quella del Medio Oriente, in grande fermento».

Fonte: Il Sole 24 Ore