Il carcerato è un lavoratore privato e i suoi crediti non si prescrivono

La condizione di soggezione nella quale il lavoratore carcerato si trova rispetto al suo datore di lavoro, impedisce il decorso della prescrizione per i crediti che vanta nei confronti del ministero della Giustizia. Nè via Arenula può costituirsi nel giudizio contro di lui, avvalendosi di un suo funzionario, come può fare quando la causa riguarda dei pubblici dipendenti, perché il rapporto che si instaura con il detenuto-lavoratore è di tipo privato.

La Corte di cassazione, respinge così il ricorso del ministero, contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato a pagare circa 5.200 euro, come differenze retributive dovute ad una carcerato che, all’interno dell’istituto di pena, aveva svolto molti ruoli, dallo scopino allo spesino, dall’aiuto cuciniere all’addetto alle pulizie. Attività per le quali non era stato adeguatamente retribuito. L’amministrazione ricorrente, che si era costituita in giudizio con un suo funzionario, non negava di essere inadempiente ma sosteneva che il diritto del detenuto-lavoratore era prescritto perché erano passati più di cinque anni dalla domanda, senza che lui avesse fatto alcun atto per interrompere il countdown. Il ministero contestava anche la decisione della Corte territoriale di considerare irrituale la sua costituzione in giudizio attraverso un funzionario, senza essere difesa da un avvocato. Una possibilità che via Arenula rivendicava, perché nella cause di lavoro con i pubblici dipendenti è possibile per l’amministrazione essere rappresentata dai funzionari, senza difesa tecnica.

Carcere come struttura aziendale

Per la Suprema corte entrambi i motivi sono infondati. I crediti del lavoratore che si trova ristretto in carcere, infatti, non si prescrivono nei 5 anni, proprio in considerazione della condizione di privazione della libertà e di soggezione in cui si trova rispetto al suo datore.

La Cassazione esclude anche la possibilità di considerare il detenuto al pari di un pubblico dipendente, e dunque la validità della presenza nella causa con un funzionario.

I giudici di legittimità chiariscono, infatti, che al lavoro carcerario si applicano le norme del codice di procedura civile. che regolano i contenziosi nel lavoro privato. E questo perché si tratta «di prestazioni svolte – sia pure per il perseguimento dell’obiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro e sotto la gestione degli istituti di pena, all’interno o all’esterno degli stessi penitenziari – nell’ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato».

Fonte: Il Sole 24 Ore