Il Padiglione russo ospita la Bolivia

Lo Stato Plurinazionale della Bolivia annuncia la sua partecipazione alla 60ª edizione della Biennale d’Arte di Venezia ospitata ai Giardini dal Padiglione della Russa. Il Sole 24 Ore è in grado di anticiparlo in esclusiva. Mentre la Russia per la seconda volta consecutiva marca la sua assenza – il suo spazio, uno dei più grandi, sarebbe rimasto chiuso – invece con un colpo di scena in nome dell’unità tra i popoli ospiterà gratuitamente 25 artisti del continente sudamericano. Sono prevalentemente indios come Elvira Espejo Ayca, artista indigena boliviana e direttrice del Museo Nazionale di Etnografia e Folklore a La Paz o dall’Amazzonia Duhigó, o la giovane vedeomaker Zahy Tentehar, ma anche figure ormai consolidate come Maria Alexandra Bravo Cladera, classe 1950, esponente dell’Arte Plumaria o il muralista boliviano Lorgio Vaca.
Dopo le polemiche e la richiesta, a seguito del conflitto in Medio Oriente, dell’esclusione del Padiglione di Israele, a meno di un mese dall’inaugurazione del prossimo 20 aprile, la generosità della Federazione Russa produrrà altre polemiche? Sicuramente quest’anno la volontà di essere inclusivi è il cuore dell’Esposizione Internazionale d’Arte curato dal brasiliano Adriano Pedrosa.

Il Padiglione della Bolivia

Il curatore del Padiglione boliviano è il ministro delle Culture, della decolonizzazione e della depatriarcalizzazione, Esperanza Guevara, nominata un mese fa, il commissario è il viceministro Juan Carlos Cordero Nina. Per la Bolivia la cultura – o per meglio dire, le differenti culture – costituisce uno strumento fondamentale di sviluppo e di crescita. Per questo – fanno sapere i curatori – a Venezia porteranno un progetto inclusivo, innovativo e dal contenuto molto potente: «Qhip Nayra Uñtasis Sarnaqapxañani» (Guardando al futuro-passato, ci muoviamo in avanti). «Il progetto riunisce artisti della Bolivia e di paesi amici dell’America Latina, ed è un’occasione per condividere e dimostrare la fraternità e la gioia che ci uniscono con questi paesi, ad unirci è un terreno comune costituito dalle nostre origini indigene, e la vocazione al “Vivere bene” in armonia e equità tra noi e con la nostra “Madre Terra”. Il Padiglione del paese andino, presieduto da Luis Arce dall’8 novembre 2020, riflette e rafforza il senso del titolo scelto dal curatore della Biennale Pedrosa: “Stranieri ovunque”. Infatti «questa mostra – afferma il ministro Guevara – è un’occasione importante per porsi domande e cercare risposte su come ampliare i nostri orizzonti, per tutti, da sud a nord, da est a ovest, senza discriminazioni”.Il padiglione presenta la Bolivia come Stato Plurinazionale, che riconosce le sue diversità, le sue nazioni indigene d’origine, l’influenza delle culture ancestrali nell’arte contemporanea; tutti aspetti che desideriamo rappresentare di fronte al mondo come parte di un nuovo paradigma sulla “cultura della Vita” .

Gli spazi precedenti

La Biennale di Venezia è, senza dubbio, uno degli eventi più importanti per il mondo dell’arte e si comprende la volontà di questo paese di fare un salto passando ai Giardini dalla mostra a Cannaregio del collettivo Warmi- chacha del 2022 e prima ancora nel 2017 dalla Salizada San Pantalon con gli artisti Jannis Markopoulos, José Ballivián e Sol Mateo.

Infatti gli organizzatori confermano: «il Padiglione Bolivia, ha l’opportunità di essere all’interno dei “Giardini”, che è l’area espositiva più prestigiosa dell’intera Biennale grazie alla Federazione Russa che ha creduto nell’importanza, nella qualità e nei contenuti del nostro progetto, concedendoci il suo spazio, il suo padiglione per questa edizione».
Dalla Russia nessuna dichiarazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore