Il tribunale dell’Ue vieta il marchio Pablo Escobar: mina l’ordine pubblico

Pablo Escobar avrà fatto «anche cose buone», come scrivono al Tribunale della Ue i legali della Escobar Inc.– sede in Guaynabo, Porto Rico -, ma forse non è il caso di inondare il mercato del vecchio continente con prodotti di ogni genere griffati dal narcoboss più famoso della storia: nella richiesta di registrazione, infatti, c’è di tutto, dalle mutande al dentifricio, dalle fruste a sellerie, dai pizzi e merletti alle armi da fuoco, passando sinistramente per «membra, occhi e denti artificiali» con relativi «apparecchi e strumenti chirurgici», tutto «made in Escobar».
Già, perché la società americana è la seconda volta che cerca di estendere in Europa la “risonanza” di un nome/marchio che di sicuro provoca un fremito a chiunque lo senta, figurarsi a un potenziale consumatore. Davanti al primo rifiuto della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Ue per la proprietà intellettuale (Euipo, febbraio 2023) – che aveva ritenuto quantomeno inopportuno far rivivere e circolare effige e gesta del terrorizzante boss colombiano – la Escobar Inc. ha impugnato (causa T 255/23) cercando di convincere i giudici su un paio di concetti base.

Le opere caritatevoli in patria

Il primo punto, diciamo controintuitivo, secondo cui il defunto capo del cartello di Merdellin nella sua breve vita (ucciso dalla polizia nel 1992 in uno scontro a fuoco da film trash, a 43 anni) si era «reso protagonista di opere caritatevoli in patria».

Presunto innocente

L’altro concetto, giuridicamente ancor più brillante, vorrebbe che il narcoboss più ricco della storia di fatto è morto da «presunto innocente», visto che nessuna sentenza di tribunale gravò mai sul suo capo. Circostanza vera, questa, anche a voler prescindere dai tre anni di autoreclusione nella Catedral (una reggia a metà tra una spa e una banca centrale) autoinflitti al termine di un grottesco “patteggiamento” con le autorità. Il punto però, secondo i giudici unionali di primo grado (il ricorso alla Cgue lo diamo già per scontato) è che Pablo Escobar nella popolazione spagnola media – scelta dai magistrati come termometro rappresentativo del comun sentire continentale, parlando la stessa lingua del bandito – suscita un sentimento di paura e repulsione, o per meglio dire «sconvolge non solo il pubblico destinatario dei prodotti e servizi designati dal segno, ma anche altre persone che, senza essere interessate da tali prodotti e servizi, incontreranno incidentalmente tale segno nella loro vita quotidiana». Vale a dire che, anche da morto, e a 10 mila km da Medellin, la firma di Pablo è un problema di ordine pubblico. Con buona pace delle sue misconosciute «opere buone».

Fonte: Il Sole 24 Ore