Jamie Dimon: dai proxy advisor una «influenza indebita»

«Sebbene i gestori patrimoniali e gli investitori istituzionali abbiano la responsabilità fiduciaria di prendere le proprie decisioni, è sempre più chiaro che i consulenti in materia di voto esercitano un’influenza indebita», scrive Jamie Dimon il più grande banchiere del mondo, presidente e ceo di Jp Morgan. Insomma chi decide come votare nelle società partecipate attraverso gli asset manager e fondi pensione cui i risparmiatori affidano i risparmi? Formalmente i fondi ma nella sostanza – dice Dimon nella lettera agli investitori – due consulenti in materia di voto. «Uno si chiama Institutional Shareholder Services (ISS) e il secondo si chiama Glass Lewis. Questi consulenti in materia di voto hanno iniziato fornendo risme di dati provenienti da società per aiutare i loro clienti investitori istituzionali a votare su questioni relative alle deleghe (informazioni sulla retribuzione dei dirigenti, rendimenti azionari, dettagli sugli amministratori, politiche e così via). Tuttavia – spiega Dimon – presto hanno anche iniziato a fornire consigli su come gli azionisti dovrebbero votare su questioni di delega. E, in effetti, gli investitori istituzionali generalmente eseguono il loro voto su una piattaforma ISS o Glass Lewis, che spesso include una chiara dichiarazione della posizione del servizio di consulenza».

Decisioni in automatico

Il risultato è che «mentre alcuni gestori patrimoniali votano in modo del tutto indipendente da queste informazioni, la maggioranza no»; vota fidandosi dell’indicazione dei proxy advisor su informazioni che «molte aziende sostengono essere spesso non sono equilibrate e non accurate». Un problema. Perché se è chiaro sia «troppo difficile e troppo costoso rivedere il gran numero di deleghe e proposte di delega» – considerazione a giudizio di Dimon «allo stesso tempo pigra e scorretta» – , è altrettanto vero che se una decisione viene posta all’attenzione dei soci i soci se ne debbono occupare. Un problema per nulla americano. Il tema è stato sollevato in Italia da Francesco Gaetano Caltagirone in Senato nel costo dei lavori per l’approvazione del Ddl Capitali. Secondo l’imprenditore romano al centro nel 2022 della proxy fight per la nomina del Cda di Generali decisa anche dall’intervento a favore della Lista del cda uscente di Iss e Glass Lewis, il sistema dei proxy advisor «finisce per mettere nelle mani di alcune organizzazioni consulenziali il futuro di fondamentali imprese italiane».

Fonte: Il Sole 24 Ore