Legumi, vendite in crescita nonostante l’aumento dei prezzi

Non solo gli angeli mangiano fagioli (come dice il titolo di un popolare film) ma anche gli italiani. E tanto rispetto agli altri paesi europei, come per tutti i legumi in genere: 9,2 kg annui pro capite, rileva Ismea, contro i 3,4 kg degli spagnoli e i 2,5 kg dei francesi. Oltretutto da qualche tempo i consumi hanno ripreso ad aumentare (+33% sul 2016), invertendo il calo iniziato negli anni ’70.

«La riscoperta dei legumi è guidata dalla passione per la cucina tradizionale e dall’interesse per piatti più moderni, come l’hummus o le poke», dichiara Laura Bettazzoli, direttrice marketing di Bonduelle Italia, per cui i legumi valgono il 20% del giro d’affari (50% nelle conserve) e rappresentano un asset importante nel percorso verso un’alimentazione più sostenibile e adeguata ai nuovi stili di consumo, come il flexitarianesimo.

Su questi aspetti ceci, lenticchie, fagioli e piselli sono promossi a pieni voti e sono campioni anche di sostenibilità economica, perché sono poco costosi: il prezzo medio in Gdo è di 2,86 euro/kg (fonte NielsenIQ). Anche per questo, nonostante un 30% circa di aumento nell’ultimo triennio, gli acquisti non ne hanno risentito, dimostrando una bassa elasticità della domanda al prezzo. Nell’anno finito a febbraio 2024 nella Gdo ne sono stati venduti 501 milioni di confezioni per un giro d’affari superiore a 722,6 milioni (+9,6% annuo).

I legumi sono molto diffusi, visto che il 74% delle famiglie li compra e mangia due volte a settimana quelli secchi (fonte SG Marketing), ma iniziano solo ora a perdere l’immagine di prodotto umile e povero, anche a causa del loro prezzo basso, in particolare nelle private label. È il paradosso dei legumi, in particolare di quelli in scatola, i protagonisti del settore con il 74% dei volumi venduti nella Gdo, ben distanti dai surgelati (18,9%) e dai freschi (7,1%), come rileva NielsenIQ.

In effetti i legumi sono la Cenerentola delle conserve italiane – ammette Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’associazione nazionale dei produttori di conserve vegetali – anche perché scontano il ruolo ‘ingombrante’ delle conserve di pomodoro, di cui siamo i numeri uno al mondo e che generano un fatturato cinque volte maggiore rispetto agli 1,1 miliardi raggiunti dai legumi in scatola nel 2023».

Fonte: Il Sole 24 Ore