L’uomo combattivo e bellicoso: giacca da ammiraglio da Dior, Hermés superclassico

La moda è viva e vegeta. Se le vendite, nell’immediato, languiscono, lo spirito della continua reinvenzione persiste e prolifera. La sessione parigina della moda uomo per l’autunno-inverno 2021 che si è chiusa domenica, completamente digitale, è stata invero energizzante. Nessun intimismo rinunciatario all’orizzonte, con l’inevitabile corollario di pigiami, vestaglie e mollezze decadenti; ci sono state anche quelle, in realtà, relegate subito nel territorio della malinconia che consuma e paralizza. Al contrario, posizioni combattive, se non addirittura bellicose, e un rinnovato interesse per tutte le subculture, punk in primis, ma anche mod e beatnik e rave – la più recente, sballata ed escapista – che hanno segnato momenti di coscienza e di autentica ribellione, nel vestire e nel pensare.

Yamamoto e il non colore, Loewe punk

Superata la soglia dei settanta, Yohji Yamamoto è più abrasivo e fosco che mai; fumino e furico al punto da avere momentaneamente messo da parte la poesia per concentrarsi sull’aggressione frontale. Aggressione elegante, sia chiaro: linee esatte, volumi avvolgenti, sentori militari, nessun colore eccetto l’amato non colore e slogan provocatorii come Born to be Terrorist. La collezione è un pugno ben assestato, ed è una gioia prenderlo in piena faccia, seppur attraverso un video, perché davvero la creazione non ha età.

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Da Loewe, Jonathan Anderson guarda al lavoro dell’artista Joe Brainard: un outsider autentico, parte della generazione che l’aids ha cancellato, laterale al milieu del beat e della pop art, quindi come dire un’isola nell’isola della subcultura radical americana. La collezione è un dialogo continuo con le opere di Brainard, stampate o rese a intarsio su abiti e accessori, ma soprattutto una riflessione sul collage, con cui Brainard si sbizzarriva, come metodo. In un incollaggio solo apparentemente caotico, i fiori e i fumetti di Brainard si mescolano ai volumi mega dei raver, alla pelle nera del punk, ai montoni afgani degli hippie, e il risultato è un cut-up progressivo di ribellione analogica. Analogico anche il metodo di presentazione: una poderosa monografia su Brainard, ovvero un invito alla riscoperta. Le informazioni da processare sono parecchie, ma la goduria visiva è assicurata.

Le righe di Paul Smith, da Dior le stampe di Peter Doig

Con la leggerezza e precisione che lo contraddistinguono da sempre – cinquant’anni di onorata carriera – Paul Smith mette insieme un best of che è insieme personale e collettivo – collettività culturale britannica, della quale Smith è esimio esponente; una cultura che ha nutrito l’immaginario globale almeno dagli anni 60. I grandi classici del guardaroba maschile si mescolano così ai tagli affilati dei mod, alle geometrie della new wave, alle righe delle metaforiche prigioni in cui stiamo tutti confinati al momento. È un cocktail in potenza esplosivo che invece si risolve con brillante spirito di sintesi.

Nell’atmosfera generale di maschia fermezza, abbondano i militarismi. Sempre stemperati: nessuno invoca guerre di sorta o, peggio ancora, rambismi di risulta. Il pezzo clou, nella collezione Dior, è la giacca da ammiraglio, con i galloni, i paramani e il collo a listino, che sigilla il busto e finisce sotto tutto, a mó di camicia. Kim Jones, direttore artistico della divisione uomo della augusta maison, esplora nozioni di abbigliamento da parata, ovvero il modo maschile di essere insieme marziali e fiammeggianti: mescola i segni, incluse le bande laterali dei pantaloni, e confonde tutto con jacquard e stampe tratti dall’opera, fortemente espressiva, dell’artista Peter Doig. La collaborazione di rigore con il pittore di fama sembra essere diventata una casella da spuntare ad ogni collezione per Jones. Se l’afflato è stanco, il risultato è organico e convincente.

Fonte: Il Sole 24 Ore