Management ad alta quota: la montagna insegna a superare i momenti bui

Capitano i momenti bui. Quelli davvero oscuri in cui tutto sembra non funzionare, muoversi a scatti come un meccanismo difettoso. Più cerchi di vivere al massimo, di cogliere ogni opportunità e di sfruttare con determinazione il tempo e le risorse che hai a disposizione, più i momenti bui pesano. Perché ti senti bloccato, arenato nelle sabbie mobili in cui più ti agiti, più affondi. Io sono una grande esperta di tali oscurità, le percepisco arrivare, come una bava di vento. Ma nel tempo, ho anche trovato una facile soluzione, che riesce a tirarmi fuori dalle sabbie mobili, creando una specie di bolla in cui l’oscurità si interrompe. Mi basta andare in montagna. Anche solo una mezza giornata.

Respirare l’odore di resina, sentirmi immersa in qualcosa di più grande, assolutamente perfetto, in un equilibrio in cui non esistono più positività e negatività, solo natura. L’ultimo giro in montagna l’ho fatto sulle Dolomiti. C’era già moltissima neve, ma non abbastanza da caricare gli abeti e di fronte a me si apriva un orizzonte di contrasti, tra il candore della terra e le chiome verdi dei boschi. Ho raggiunto a piedi una malga, pur sapendola chiusa, in letargo come gli animali. Fuori dalla malga ho incontrato altri tre escursionisti. Come me, erano in tenuta sportiva.Mi sono seduta a riprendere il fiato accanto a loro e li ho sentiti parlare di lavoro. Trenta secondi per scoprire che erano professionisti del mio stesso settore. E soprattutto che erano lì, in un giorno feriale, per bloccare anche nelle loro vite un circolo oscuro di negatività ed attivarne uno diverso, in una frizzante tensione evolutiva.

Paolo Cognetti affermava che “la montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura”. La montagna sa parlare. Come sanno parlare molte situazioni complesse in cui è necessario fermarsi, interpretare, meditare. La montagna sa insegnare, dovunque si vada a riposare cuore ed anima e a ristorare il corpo. In ogni situazione, ad ogni altitudine.

Sempre Cognetti, nello straordinario “Le 8 montagne”, ipotizza che ognuno di noi abbia una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene. Lo spazio attorno a noi si fa spinta catartica, fornendoci gli strumenti pratici e concreti per interpretare i contrasti della nostra vita. E risolverli, magari. Qual è la tua quota? Se ancora non lo sai, scegli una vetta molta alta e prova a scalarla, facendo attenzione alle seguenti altitudini: la montagna, insegna.

I 1000 m: a questa altitudine le case, le stalle, le malghe, i rifugi, le cascate e le fabbriche si fondono insieme in un ecosistema equilibrato e dinamico. L’uomo trova il proprio spazio e la propria missione, in perfetta sincronia con gli animali e le piante del bosco. In montagna, ci sono solo “cose che si possono usare”. E se non si possono usare, un nome non ce l’hanno perché non servono a nulla. A questa quota si impara la gestione integrata, ovvero la capacità di dare alle cose il giusto valore e il giusto peso, mettendole insieme e facendole interagire in modo positivo.

Fonte: Il Sole 24 Ore