Mark Rothko, ovvero il misticismo alla ricerca della luce perfetta

Markus Rothkovitch – in arte Mark Rothko (1903-1970) – è uno di quegli artisti che fa indubbiamente ancora discutere oggigiorno. Seguendo il detto “bene o male, l’importante è che se ne parli”, il celebre espressionista astratto statunitense viene giudicato come il suo non meno importante collega italiano Lucio Fontana. Critici d’arte e pubblico vergine si dividono nel gridare al capolavoro di fronte alle sue opere o commentare in maniera frivola “potevo farlo anch’io”.

La Fondazione Louis Vuitton di Parigi, con la sua retrospettiva dedicata all’artista, aiuta a farsi un’idea personale: saranno esposti fino al 2 aprile ben 115 quadri di Rothko, un diario stilistico lungo una vita. “La mia arte non è astratta, ma vive e respira […] Sono interessato a esprimere solo le essenziali emozioni umane”.

Mai lasciare impassibili

Questa la filosofia principale del pittore, che racconta stanza per stanza agli spettatori come i suoi lavori possano intristire, talvolta dare energia, altre volte donare calma e riflessività, senza mai lasciare impassibili. Presenti in mostra le opere degli inizi, tra cui i “subway paintings”, dipinti che hanno come setting la metropolitana newyorchese o l’autoritratto del 1936, dove un misterioso Rothko indossa occhiali dalle lenti scure e un interessante sfondo monocromatico, richiamo agli autoritratti di Rembrandt. Tuttavia l’artista si sente frustrato nel tentativo irreale di dipingere persone: “Chiunque abbia tentato di riprodurre la figura umana, l’ha mutilata”.

Eschilo e Nietzsche

Nei primi anni del 1940 prova allora – amando profondamente le tematiche di Eschilo e Nietzsche – ad avvicinarsi alla mitologia e alla corrente surrealista, con soggetti mirabili che spaziano dalla celebre Antigone fino al sacrificio di Ifigenia. Tuttavia è solo verso il 1946 che si ha la vera svolta artistica mirata all’astrattismo, grazie ai celebri Multiforms, composizioni dense e organiche provviste di larghi formati verticali. Dal 1950 i dipinti di Rothko diventano immediatamente riconoscibili per le caratteristiche che l’hanno reso famoso: due o tre forme rettangolari sovrapposte una all’altra, che giocano con un infinito range di toni di colore, creando così l’inconfondibile “vibrazione” presente in tutti i suoi lavori, così simile all’allure di una melodiosa sinfonia o di una poesia ben riuscita.

Le sensuali pennellate danno alle opere un’atmosfera quasi onirica, ma l’artista ribadisce di non essere un semplice colorista, rendendo il loro formato ancora più grande, quasi a voler inglobare d’immenso l’ignaro spettatore: “Non sono interessato al colore. È la luce ciò che ricerco”.

Fonte: Il Sole 24 Ore