Superbonus, l’accusa delle imprese: 40mila cantieri incompiuti e rischio contenziosi

I costruttori dell’Ance smontano il decreto Salva-spese. Il provvedimento è nato a fine 2023, dopo una lunga gestazione, anche su impulso dell’associazione di categoria. Ma ieri, nel corso dell’audizione in commissione Finanze alla Camera della presidente Federica Brancaccio, è apparso chiaro che, dal punto di vista delle imprese, il Dl 212/2023 non ha risolto nessun problema ma, anzi, rischia addirittura di acuirne molti. Il pericolo è che soluzioni inefficaci si lascino dietro una scia di contenziosi e opere a metà. «Il decreto – ha detto Brancaccio – non riduce in nessun modo il problema delle famiglie e delle imprese e la soluzione individuata rischia piuttosto di favorire l’abbandono dei cantieri e le opere incompiute». In base agli ultimi dati del monitoraggio Enea-Mase, «a fronte di circa 10 miliardi di lavori da terminare nei condomini, è possibile stimare in 40mila il numero di cantieri condominiali incompiuti, per un totale di circa 350mila famiglie coinvolte e un valore dei contratti pari a 28 miliardi».

Non solo i lavori avviati rischiano di non essere conclusi ma – ha spiegato ancora la presidente – «si acuisce fortemente il rischio di decine di migliaia di contenziosi tra condomini e imprese e viene reso vano lo sforzo compiuto dallo Stato per finanziare un sistema di incentivi volto a efficientare il patrimonio edilizio esistente». Inoltre, la sanatoria attivata per chi non raggiunge il doppio salto di classe energetica può favorire «comportamenti scorretti diretti ad acquisire incentivi fiscali consistenti, senza garantire l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo sotteso al riconoscimento del superbonus». Il decreto, insomma, rischia «di produrre solo scheletri urbani con cantieri fermi e tribunali intasati, premiando i furbi che hanno intascato fondi pubblici senza finire i lavori». Troppo limitata, infine, la disponibilità del fondo incapienti, pari a circa 16 milioni di euro (lo 0,16% di quello che sarebbe necessario).

Le due soluzioni avanzate da Ance

Per garantire una chiusura ordinata dei lavori Brancaccio torna a proporre due soluzioni. Da un lato la proroga del superbonus (al 110% o al 90%, a seconda delle situazioni) per le spese sostenute fino al 29 febbraio, per i cantieri che a fine 2023 avevano un avanzamento pari almeno al 60 per cento. Dall’altro, un Sal straordinario, sempre al 29 febbraio 2024, per ovviare al fatto che a fine 2023 l’avanzamento lavori può non avere raggiunto le percentuali minime previste dalla legge. Con una delle due soluzioni sarebbe possibile salvare circa 25mila cantieri e più di 220mila famiglie.
Per completare il quadro, poi, bisognerebbe salvaguardare tutte quelle operazioni di demolizione con ricostruzione, relative ai piani di recupero all’interno delle zone sismiche, che finora hanno beneficiato di cessione del credito e sconto in fattura.

Proposte di modifiche arrivano, sempre in audizione, anche da Confprofessioni, rappresentata dalla vicepresidente, Claudia Alessandrelli: «La sanatoria non tiene conto della complessa realtà tecnica che sta dietro al mondo dell’edilizia ed è altamente probabile che si renderanno comunque necessarie alcune opere di completamento nel 2024 i cui costi è opportuno chiarire come saranno disciplinati, in sede di conversione».
Anche Confedilizia, rappresentata dal presidente Giorgio Spaziano Testa, vede un forte rischio di contenziosi. Per questo, «chiediamo di consentire la possibilità del cosiddetto Sal aggiuntivo, cioè considerare totalmente i lavori eseguiti fino al 31 dicembre 2023 per salvare questi lavori dagli accertamenti». Anche perché il 15% dei lavori condominiali ammessi al superbonus, in base ai dati Enea, al 31 dicembre restava ancora da realizzare.
Mentre Unicmi, rappresentata dal direttore generale Pietro Gimelli, chiede correzioni sulla norma in materia bonus barriere. Servirebbe un passo indietro che punti ad «assicurare la fruizione del bonus 75% a tutti i progetti complessivi di abitabilità comprendenti oltre che scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici anche le porte e gli infissi rispondenti alle caratteristiche normate dagli articoli 4 e 8 del Dm 236 del 14 giugno 1989».

Fonte: Il Sole 24 Ore