Metalli russi banditi dalle Borse, alluminio e rame ai massimi da due anni

Alluminio, nickel, rame. I metalli «made in Russia» prodotti dal 13 aprile in avanti non potranno più essere consegnati alle borse occidentali, con una misura sanzionatoria concordata tra Stati Uniti e Gran Bretagna che ha infiammato ulteriormente il rally dei non ferrosi.

Al London Metal Exchange l’impatto si è visto soprattutto sull’alluminio, che ha aperto la seduta di lunedì 15 con un balzo del 9,4%, il più repentino mai registrato nella storia del contratto, che con le attuali caratteristiche esiste dal 1987. Non c’era stata un’impennata così rapida nemmeno nel 2018, quando gli Usa avevano sanzionato il magnate russo Oleg Deripaska, all’epoca azionista di controllo del colosso Rusal: una mossa che aveva gettato il mercato nel caos, spingendo Washington ad una pronta retromarcia.

Per tutti i metalli il rialzo si è ridimensionato nel corso della giornata, ma l’alluminio – di cui Mosca controlla il 5 % dell’offerta mondiale – ha comunque continuato a scambiare sopra la soglia di 2.600 dollari per tonnellata, dopo aver segnato un record da due anni a quota 2.728 dollari.

Copione simile per il rame – salito ai massimi dal 2022, con un picco di 9.640 dollari – e per il nickel, che ha registrato punte di rialzo vicine al 9%, salendo fino a 19.355 dollari (salvo poi ripiegare intorno a 17.800 dollari).

Provengono dalla Russia il 4% dell’offerta di rame e il 6% del nickel, ma per quest’ultimo metallo l’influenza di Mosca è in realtà molto più rilevante, poiché il gruppo Norilsk – con una quota di mercato superiore al 10% – è il primo fornitore al mondo di nickel raffinato di Categoria 1: la qualità più pura e pregiata, adatta ai catodi delle batterie, nonché l’unica consegnabile al Lme.

Fonte: Il Sole 24 Ore