Minore età presunta se dopo gli esami medici e dei documenti non c’è certezza

Se dopo gli esami medici eseguiti da una Commissione di esperti, resta un margine di errore di un anno, per eccesso o per difetto, sull’età del giovane entrato in Italia, la sua minore età deve darsi per presunta ad ogni effetto di legge. La Cassazione sceglie la via della tutela rafforzata, per i minori non accompagnati che sbarcano in Italia, ed accoglie sul punto il ricorso del ragazzo, contro il decreto con il quale la Corte d’Appello aveva avallato la decisione del Tribunale di attribuire ad un giovane del Gambia la Maggiore età al momento in cui aveva messo piede sul territorio nazionale.

L’intervento delle autorità del paese d’origine

Una conclusione raggiunta dando un peso soprattutto al rifiuto del ricorrente di stabilire contatti con l’autorità consolare del suo paese d’origine per verificare l’attendibilità e l’autenticità del documento che aveva prodotto dal quale risultava minorenne al momento dell’ingresso in Italia. Un documento “confezionato”, secondo i giudici di merito, in modo sospetto «su dichiarazione postuma dell’asserita madre dell’interessato, la quale – sempre in base al documento – era risultata aver attestato la data di nascita del figlio a distanza di circa diciassette anni dall’evento e all’indomani non solo del decreto del tribunale ma anche dell’accertamento socio-sanitario». Molto meno sospettosa la Suprema corte. I giudici di legittimità, sgombrano il campo dall’equivoco che fosse “doveroso” coinvolgere la rappresentanza diplomatico-consolare del Gambia. Un intervento che non va invece richiesto «nei casi in cui il presunto minore abbia espresso la volontà di chiedere protezione internazionale ovvero quando una possibile esigenza di protezione internazionale emerga a seguito del colloquio previsto». Altra ipotesi in cui la chiamata in causa delle autorità dello Stato di origine va evitata è quando da questa «possano derivare pericoli di persecuzione e nei casi in cui il minore dichiari di non volersi avvalere dell’intervento medesimo dell’autorità diplomatico-consolare». Dunque il no del ricorrente era legittimo.

Gli accertamenti socio sanitari

La strada da percorrere, nell’ipotesi di inattendibilità dei documenti, è invece quella degli accertamenti socio-sanitari, disposti dalla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni. Passo da fare con le dovute garanzie per il presunto minore, il quale va informato «con l’ausilio di un mediatore culturale, in una lingua che possa capire e in conformità al suo grado di maturità e di alfabetizzazione, del fatto che la sua età può essere determinata mediante l’ausilio di esami socio-sanitari, del tipo di esami a cui deve essere sottoposto, dei possibili risultati attesi e delle eventuali conseguenze di tali risultati, nonché di quelle derivanti dal suo eventuale rifiuto di sottoporsi a tali esami». Informazioni da fornire anche alla persona che, seppure temporaneamente, esercita i poteri tutelari nei confronti del presunto minore.

Le garanzie per il presunto minore

Le modalità devono essere meno invasive possibile « e rispettose dell’età presunta, del sesso e dell’integrità fisica e psichica della persona, è stabilito che il risultato dell’accertamento socio-sanitario sia comunicato allo straniero, in modo congruente, con indicazione anche del margine di errore». E quando come, nel caso esaminato, anche dopo l’accertamento compiuto, oltre che sui documenti, anche attraverso esami medici e test psicologici da un pool di esperti, residui un dubbio, nello specifico di un anno, deve valere la presunzione della minore età «ad ogni effetto di legge» al momento dell’ingresso nello Stato. Un principio non rispettato dai giudici di merito che hanno invece fatto valere la presunzione contraria, attenuando la tutela e valorizzando elementi che non dovevano essere considerati. Per la Cassazione è del tutto elusiva la conclusione raggiunta con il provvedimento impugnato nel quale i giudici considerano superflua anche il passaggio decisivo della valutazione ossea. Nel provvedimento impugnato si legge infatti che «essendo l’indagine socio-sanitaria consistita in una visita pediatrica-auxologica, in un’indagine psicologica e in un esame fisico, l’esito della stessa, benché col margine di errore riscontrato, non sarebbe stato tale da indurre neppure a un ulteriore approfondimento tramite esame radiologico del carpo per la valutazione ossea».

Fonte: Il Sole 24 Ore