Nella selva oscura delle emozioni. Polunin danza con Dante

È bello e pertinente il titolo scelto per la creazione -in prima assoluta- che Sergei Polunin ha firmato per la Trilogia d’Autunno del Ravenna Festival dedicata al Settecentenario dantesco. Metànoia rimanda infatti al concetto del “profondo mutamento del modo di pensare, sentire, leggere il mondo” che laicamente è assimilabile all’ Iter mentis in Deum avviato da Dante nella sua Commedia e, in controluce, al percorso esistenziale dello stesso Polunin, talento incommensurabile e incommensurabili inquietudini registrate nel corso degli anni dalle cronache.

Lui che candidamente ha confessato di essere stato a lungo soggiogato dal fascino del male, “che appare un sacco più divertente e più facile da ottenere”, oggi risulta infatti più consapevole anche come artista e nell’impegno di traghettare il balletto di tradizione nelle modalità di fruizione del nostro tempo si sta spendendo in impegnativi progetti nei quali coinvolge generosamente musicisti, artisti visivi, stilisti, performer da ogni parte d’Europa.

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Teatro Alighieri

E tale è appunto la serata dantesca in scena in un Teatro Alighieri tutto esaurito per cinque repliche, nella quale il passaggio dall’oscurità alla luce è stato immaginato da ben tre diversi team artistici, unico filo rosso l’interprete che, al di là della ben nota potenza felina dei salti senza gravità e della morbida velocità dei giri turbinosi, rifulge di quella particolare aura che rende la sua danza vibrante di una emozionante fragilità umana proprio nei minimi dettagli –il gesto lieve di una mano, la posa morbida del corpo, lo sguardo febbrile da Cristo penitente.

E proprio questa qualità peculiare di Polunin avrebbe potuto essere sfruttata meglio anche nello spettacolo, che risulta invece troppo sbilanciato nella drammaturgia e purtroppo discontinuo nella resa coreografica.

Immerso in una scena digitale che sfrutta ogni possibile mezzo tecnico per suscitare stupore e meraviglia, il lungo quadro dell’Inferno immaginato da Ross Freddie Ray ( video design e mapping di Yan Yanko, musica originale di Miroslav Bako) travolge il danzatore e noi con lingue di fuoco e fiumi bollenti, larve di dannati, demoni e Kaijū inquietanti protesi minacciosamente sulla platea.

Fonte: Il Sole 24 Ore