Nino Madonia resta al 41-bis, la famiglia ancora operativa sul territorio

Resta al 41-bis il boss Antonino Madonia, autore di stragi e omicidi di Stato. La Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso dell’uomo di fiducia di Totò Riina contro la proroga del carcere duro. La Suprema corte avalla la decisione del Tribunale del riesame che aveva a sua volta bocciato il reclamo contro il regime speciale, sulla base di indagini investigative, delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, e di sentenze. Atti più che affidabili dai quali emergeva l’attuale operatività della famiglia mafiosa di Resuttana sul territorio e, in generale, di Cosa nostra. Un quadro che, per i giudici, rende concreto il rischio che il boss, una volta allentati i controlli in virtù del passaggio ad un regime penitenziario ordinario, possa di nuovo riallacciare i contatti con l’organizzazione criminale di cui è stato al vertice per molti anni. Un ruolo di prestigio, all’interno della consorteria, non messo in crisi dai lunghi anni in carcere. Non passa il tentativo della difesa di sollevare dubbi sulla legittimità costituzionale della legge 199/2022, che nega la possibilità di riconoscere qualunque beneficio carcerario o premi ai detenuti al 41-bis. Nè è convincente la tesi secondo la quale una volta scontata la soglia di pena prevista per i reati ostativi sarebbe possibile revocare il 41-bis.

L’ascesa del boss di Resuttana

L’ascesa di Nino Madonia all’interno di Cosa nostra, è iniziata nei primi anni 70, con il giovane Antonino che, già a 18 anni, entra in azione con alcuni attentati dinamitardi durante il periodo di Natale. Figlio “d’arte” di Ciccio Madonia, nella sua storia ci sono gli intrecci tra mafia e servizi segreti, con rapporti intrattenuti anche durante il fallito golpe Borghese. Un tentativo di indebolire lo Stato che è passato per molti omicidi che portano la firma anche di Nino Madonia: dall’uccisione del segretario del partito comunista Pio La torre, a quella del generale Alberto dalla Chiesa, della strage di via Giuseppe Pipitone Federico, in cui morirono il giudice Rocco Chinnici, i due carabinieri di scorta e il portiere dello stabile, all’omicidio del Vice Capo della Squadra Mobile di Palermo Ninni Cassarà, assassinato insieme all’agente di polizia e suo collaboratore Roberto Antiochia. Da attribuire a Nino Madonia anche la strage di Pizzolungo, che aveva come obiettivo il giudice Carlo Palermo, rimasto illeso, ma che costò la vita ad una mamma e suoi due gemelli di sei anni e il fallito attentato all’Addaura, che aveva come obiettivo il giudice Giovanni Falcone. Per Nino Madonia è stata ipotizzata anche una responsabilità, mai appurata, come possibile esecutore materiale dell’omicidio di Piersanti Mattarella. Uno degli ultimi sette ergastoli collezionati da Antonino Madonia riguarda il duplice omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini. Un delitto che era rimasto impunito per 32 anni.Agostino, collaborava con i Servizi Segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia.

Fonte: Il Sole 24 Ore