“Nope”, una grande riflessione sul mondo dell’intrattenimento

Jordan Peele continua a sorprendere e a far riflettere: arrivato al suo terzo lungometraggio, con “Nope” il regista americano prosegue sull’ottima strada dei suoi due lavori precedenti, “Scappa – Get Out” e “Noi”.
Al centro della storia ci sono un fratello e una sorella, OJ e Emerald, che gestiscono insieme al padre Otis un ranch di famiglia.
Quando il genitore muore, colpito da un nichelino caduto inspiegabilmente dal cielo, i due ereditano la proprietà: mentre cercano di preservare le attività di famiglia, iniziano ad avvertire delle misteriose presenze che sembrano provenire direttamente dal cielo sopra la loro abitazione. Emerald pensa ci sia di mezzo qualcosa di paranormale e convince OJ a installare delle telecamere nel ranch nella speranza di capire cosa stia accadendo intorno a loro.

Tra i titoli più attesi dell’anno, “Nope” non solo non delude le aspettative, ma riesce persino ad andare oltre le previsioni con una storia appassionante e divertente, accompagnata da un montaggio capace di dare un ritmo perfetto per tutta la durata (circa 135 minuti) e da una serie di sequenze che non risparmiano una feroce critica alla “società delle immagini” in cui viviamo.

Un film intelligente e di grande attualità

Rispetto ai due lungometraggi precedenti già citati, Peele ragiona meno sulle questioni razziali (seppur non manchino spunti anche in questo senso) ma dà spazio a un’importantissima riflessione sociologica. “Nope” è un film di grande intelligenza e di fortissima attualità sul mondo dello show business: è una pellicola sullo sguardo di tutti noi spettatori contemporanei, sempre più affamati di immagini da filmare, registrare e archiviare nei nostri spazi digitali. Seppur si tratti di un tema già molto trattato dal cinema negli ultimi anni, Peele riesce a dare nuova linfa all’argomento con una serie di scelte narrative e stilistiche profondamente originali e personali.“Nope” è però anche un film “sul cinema”, come dimostra il fatto che i personaggi principali siano discendenti del fantino ripreso al galoppo dalle macchine fotografiche di Eadweard Muybridge nel 1878 in uno dei primi esperimenti di “immagini in movimento” della storia e in una delle tappe fondamentali di avvicinamento all’invenzione della Settima arte.

Il terzo indizio non può che fare una prova: Peele è un autore a tutti gli effetti e uno dei nomi più significativi del cinema americano di oggi.

Possessor

Su Amazon Prime Video è invece arrivato da poco un altro film inquietante e atteso: “Possessor” di Brandon Cronenberg, figlio del celebre David.Protagonista è Tasya Vos, agente alle dipendenze di un’azienda in possesso di una tecnologia in grado di controllare funzioni motorie e psicologiche di altri individui. L’obiettivo è quello di trasformare le ignare vittime in assassini senza scrupoli, per conto di ricchissimi clienti.Dopo l’esordio con “Antiviral” del 2012, Brandon Cronenberg continua a raccontare storie collegabili anche al cinema dell’ingombrante genitore (il tema del corpo, in questo caso), riuscendo comunque ad avere un tocco personale.Il talento visivo c’è tutto, ma in questa storia che promette inizialmente moltissimo ci sono troppi passaggi ridondanti e numerose sequenze sottotono per poter arrivare a un esito pienamente soddisfacente.Notevole l’inizio e molto suggestivo il finale, ma nel mezzo sono diversi i momenti scontati e un po’ troppo convenzionali per il genere di appartenenza.

Fonte: Il Sole 24 Ore