Pac, in arrivo 35 miliardi.Vitale (Agea): «Valutazioni solo sui risultati»

Della nuova riforma della Politica agricola comune (Pac), entrata in vigore l’1 gennaio scorso, è già stato scritto tanto. Ne sono state passate in rassegna tutte le principali novità a partire dalla struttura basata sui Piani strategici nazionali, passando per le novità assolute come la condizionalità sociale (ovvero requisiti da rispettare nei rapporti di lavoro e che per l’Italia potrebbero riguardare temi come la lotta al caporalato o gli standard di sicurezza) fino all’altra importante new entry della riforma: i nuovi eco schemi, ovvero quel pacchetto di regole e di vincoli ambientali declinato per singoli segmenti produttivi considerati strategici da ogni Paese e il cui rispetto consentirà ai produttori di recuperare (fino a un 25%) dei tagli sugli aiuti diretti effettuati a monte da Bruxelles.

Insomma, molto già è stato detto e illustrato, ma forse finora è passato in secondo piano quello che invece è un orientamento politico promosso da Bruxelles e dal quale invece potrebbe derivare un sostanziale cambio di passo dell’intera Politica agricola Ue rispetto al passato. Il riferimento è al proposito già dichiarato dalla Commissione in particolare per quanto riguarda la gestione delle risorse finanziare sul territorio, di spostare i criteri di valutazione dal mero rispetto della normativa e delle regole (come avvenuto finora) a una valutazione puntuale dei risultati raggiunti.

Un cambio di paradigma sul quale è impegnata in prima linea Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e Fabio Vitale, dallo scorso dicembre nuovo direttore dell’Agenzia dalla quale transiteranno i 35 miliardi di euro previsti dalla Pac fino al 2027.

«Un passaggio – spiega Vitale– che comporta un quadro di coordinamento unitario importante. Il cambio di passo richiesto è quello di andare a verificare i risultati e le performance delle misure applicate e degli investimenti realizzati dalle aziende agricole con i fondi erogati dagli organismi pagatori nell’ottica di utilizzare per intero i budget assegnati e soprattutto far arrivare le risorse agli agricoltori in modo efficace. In questa ottica va rafforzato il ruolo di Agea e la sua attività di coordinamento degli organismi pagatori. Alla luce della nuova Pac la costruzione del dato e la valutazione di risultati e performance deve essere nazionale».

Ma in passato non è stato così? E soprattutto, la competenza in materia agricola non è delle amministrazioni regionali? «Ma qui non sono in discussione ruoli e competenze – aggiunge Vitale – come le date e le deadline resteranno invariate: il 15 maggio sarà il termine per presentare le domande e il 16 ottobre quello per i pagamenti. Occorre chiarire però che come è pacifico che sia in capo alle Regioni l’azione di programmazione territoriale, è anche evidente che la gestione dei fondi destinati all’agricoltura ricade sotto la primaria norma unionale, che individua nello Stato membro il soggetto deputato ad applicarla. Il fatto che in Italia operino più organismi pagatori deriva da una scelta del legislatore nazionale che oltre 20 anni fa aveva immaginato che ogni Regione avrebbe istituito un proprio organismo pagatore, attribuendo ad Agea e solo transitoriamente le funzioni di pagamento. Questo percorso è rimasto però incompiuto perché solo una parte delle regioni ha provveduto a istituire un proprio organismo. E oggi sussiste così un modello ibrido con criticità che richiederebbero o di completare la costituzione degli organismi pagatori rafforzando al tempo stesso il coordinamento di Agea o, in alternativa, centralizzare sulla sola Agea i pagamenti destinati agli agricoltori rendendo la gestione più efficiente e massimizzando le economie di scala».

Fonte: Il Sole 24 Ore