Pallini (Federvini): «La qualità dei prodotti italiani sarà più forte delle crisi»

«Una vendemmia in forte calo come quella 2023, anni fa sarebbe stato un problema. Purtroppo invece in questo momento il crollo produttivo è stato sentito meno su un mercato che non tira così come in passato. E questo ha spinto il nostro settore a una riflessione sul proprio futuro».

A passare in rassegna le principali sfide del settore vitivinicolo alla vigilia del 56esimo Vinitaly di Verona, è la presidente di Federvini, Micaela Pallini. «Un futuro – aggiunge – che sarà fatto sempre più di produzioni di qualità che sono quelle nei confronti delle quali il mercato mostra più interesse. Se si vanno a disaggregare i dati si nota che sono state penalizzate aree e produzioni ancora concentrate sui volumi mentre chi ha lavorato di più sulla qualità, con meno intensità e più controllo del vigneto, è riuscito a salvare il risultato della vendemmia».

Lei crede? Dai dati sulle esportazioni emerge un rimbalzo dei vini sfusi low cost e una difficoltà dei vini fermi a denominazione in particolare rossi. La qualità non paga più? 
Conosco le tendenze e non nego che siamo in una congiuntura che vede un rallentamento della domanda, ma non condivido le conclusioni. Se si vanno a vedere le denominazioni più conosciute e note la crisi si sente meno e si vede il futuro in maniera più rosea.

Il fatturato dell’export è calato nonostante l’inflazione.
All’estero e in particolare nei paesi del Nord Europa a cominciare dalla Germania c’è una grande attenzione al costo della vita e si innescano immediatamente trasformazioni di mercato improntate ai prodotti low cost. Da qui l’exploit del vino sfuso. In quei paesi si vendono bollicine alla spina spesso spumantizzate in loco partendo da vini fermi italiani. Ma è anche grazie a questa fetta della produzione che quei mercati hanno tenuto contribuendo a limitare i danni sulle esportazioni.

Preoccupa il nostro primo sbocco, gli Usa, mercato che lei conosce bene.
Negli Stati Uniti ci sono stati vari fattori negativi concomitanti. C’è stato il fenomeno del destoking: molti buyer, grossisti e ristoratori hanno acquistato grandi quantità di vino nell’immediato post Covid. Da un lato avevano giacenze da smaltire. Dall’altro i rialzi nel costo del denaro hanno raffreddato i nuovi acquisti. Agli imprenditori è apparso poco conveniente avere denaro immobilizzato in cantina. Con i tassi alti meglio avere liquidità disponibile anche a rischio di restare senza vino per i propri clienti. Senza contare che il rialzo dei tassi ha frenato anche gli acquisti dei consumatori finali che negli Usa fanno un largo ricorso al debito. Ma i fondamentali dell’economia Usa sono buoni. La disoccupazione è ai minimi e una volta superate le incertezze dovute agli scenari internazionali e alle elezioni americane sono certa che i consumi riprenderanno a correre. Gli Stati Uniti sono così: si bloccano all’improvviso ma all’improvviso ripartono.

Fonte: Il Sole 24 Ore