Premierato e Autonomia: cosa c’è nei due Ddl sulle riforme in discussione al Senato

Il ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata approda in Aula in Senato domani pomeriggio, ma sarà necessario un vertice per dirimere gli ultimi nodi nella maggioranza, con FdI che ha presentato due emendamenti “chirurgici”, dopo il “niet” di Calderoli ad un articolo che sta a cuore al partito di Meloni e anche a quello di Tajani, sensibili alle problematiche sollevate dalle Regioni del Sud. Le opposizioni, che hanno presentato circa 400 emendamenti, si preparano alla battaglia, che peraltro si incrocia con la discussione generale sul premierato: questa comincerà in commissione lo stesso giorno, e si attende il pronunciamento della Lega che in questi mesi ha taciuto.

Riserve di FdI sul trasferimento di materie

Il ddl Calderoli è una legge puramente procedurale: definisce procedure legislative e amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’autonomia differenziata. Il problema è tuttavia costituito dalle due richieste di Autonomia già presentate per tutte e 23 le materie possibili da Veneto e Lombardia, che nel febbraio 2019 sono giunte a livello di pre-intese con il governo giallo-verde. La norma transitoria (articolo 11) stabilisce che esse “proseguono” il loro iter, il che implica che non dovranno sottostare ai vincoli imposti dalla legge dopo l’approvazione di emendamenti di FdI e Fi (oltre che delle opposizioni). Ad esempio la nuova versione della legge prevede che in fase di trattativa il governo possa respingere la richiesta di Autonomia su una o più materie sollecitate dalle Regioni. A preoccupare FdI è che a farne le spese, col trasferimento di materie quali sanità o istruzione, siano le altre Regioni, quelle meridionali, in termine di risorse.

L’opposizione punta a prolungare i tempi

Visto il “niet” di Calderoli sulla modifica della norma transitoria, ecco i due emendamenti “chirurgici “ di FdI, a prima firma rispettivamente di Andrea De Priamo e di Marco Lisei, su altri articoli (riguardanti i Lep) che raggiungono lo stesso obiettivo: una volta che verrà approvato il provvedimento con i Livelli essenziali di prestazione (Lep), le risorse verranno aumentate anche per le altre Regioni che non hanno chiesto l’Autonomia «al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni». Grazie al contingentamento dei tempi il centrodestra spera di trovare una intesa e di approvare il ddl su cui spinge la Lega, mentre le opposizioni cercheranno di prolungare i tempi di esame, che rallenterebbero ulteriormente visto l’approdo in Aula di altri decreti la settimana successiva.

Premierato in attesa dei passi della Lega

Ma il via libera in settimana, servirebbe a rendere più agevole l’esame del premierato, caro a Meloni, su cui proprio domani comincia la discussione generale in commissione. Finora durante le audizioni la Lega ha taciuto, e si attende di capire su quali punti è disposta a cedere, rispetto al ddl Casellati. Ad esempio al vertice di maggioranza di giovedì scorso, il Carroccio ha fatto capire di essere disponibile a rinunciare alla “norma anti ribaltone” (che prevede la possibilità di un secondo premier se quello eletto cade), norma che il presidente della Commissione e relatore, Alberto Balboni, sabato ha proposto di rivedere. Ma sulla norma che prevede la fiducia del Parlamento al governo presentato alle Camere dal premier eletto, la Lega non sembra disposta a cedere.

Giuristi al governo: serve riforma condivisa

Nel corso delle audizioni in Senato sulla riforma anche da alcuni costituzionalisti non ostili all’attuale maggioranza, come Sabino Cassese, Antonio Baldassarre o Paolo Becchi sono state espresse riserve sull’elezione diretta del premier, con l’invito ad optare per l’indicazione del candidato premier da parte delle coalizioni al momento del voto; e soprattutto è arrivato il loro invito a evitare riforme approvate dalla sola maggioranza, con il rischio di farle naufragare al referendum, come nel 2006 e nel 2016. Parole che secondo alcuni osservatori da leggersi come il tentativo di interpretare i timori del Quirinale di fronte a una stagione di ulteriori contrapposizioni, stigmatizzate nel messaggio di fine anno. La ministra Casellati ha tuttavia definita «irrinunciabile» l’elezione diretta del premier.

Fonte: Il Sole 24 Ore