Report Ue: il Covid ha acuito le disuguaglianze per gli artisti

Il Parlamento Europeo ha pubblicato il Rapporto “The Situation of Artists and Cultural Workers and the post-COVID-19 Cultural Recovery in the European Union”, firmato da Mafalda Damaso, Culture Action Europe (Tere Badia, Gabriele Rosana, Kornelia Kiss, Sebastiano Bertagni, Maya Weisinger), che potrebbe rivelarsi prezioso per il futuro degli artisti e degli operatori dell’arte. Professionisti che, più di altri, stanno soffrendo le conseguenze dell’ondata pandemica e sono, inoltre, interessati da condizioni salariali e di protezione sociale deficitarie ben prima dell’arrivo del Covid-19. Il Rapporto, voluto dalla Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo, intende colmare quelle carenze, delineando gli strumenti dell’Ue utili per adottare un approccio politico che dia vita a un quadro comune sulle condizioni di lavoro nei settori culturali e creativi. Va precisato, tuttavia, che la cultura è uno dei temi su cui l’Ue non ha competenza esclusiva o condivisa; può agire, però, in merito alle politiche sociali, adottando misure per sostenere le azioni degli Stati membri in settori quali la lotta all’esclusione sociale, e in materia di condizioni di lavoro, per cui può stabilire requisiti minimi sotto forma di direttive.

L’impatto economico del Covid-19

Il Rapporto evidenzia che la pandemia ha solo acuito tendenze e disuguaglianze che sono preesistenti. Eppure la cultura, oltre a essere alla base del progetto europeo, “capace di unire le nostre società e plasmare il loro futuro comune”, contribuisce in modo significativo all’economia, con il 4,2% del Pil (European Investment Fund, 2019) e la creazione di 7,4 milioni di posti di lavoro (Eurostat, 2020). Il reale impatto economico generato dall’arresto della produzione a causa del Covid-19 lo vedremo nel corso del 2021; intanto, possiamo osservare alcuni dati relativi al 2020, forniti dal rapporto di Ernst & Young: i ricavi nei settori culturale e creativo sono crollati del 31% rispetto al 2019 (il turismo ha perso meno, il 27%), che equivalgono a circa 200 miliardi di euro di entrate. Risulta chiaro che, se non si agisce subito, si determinerà un aumento della precarietà e la rinuncia al proprio lavoro di tanti professionisti del settore culturale.

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La situazione attuale

Partendo da tali presupposti, il Rapporto entra nel vivo della questione fornendo una panoramica sullo status degli artisti e degli operatori culturali in Europa, le loro condizioni di lavoro, la condizione di precarietà e i percorsi di carriera.

1) Il primo punto critico rilevato riguarda la molteplicità delle definizioni di “artista”: “l’assenza di una definizione uniforme di artista sotto un unico status occupazionale, unita all’imprevedibilità dei modelli occupazionali degli artisti, si traduce in un accesso potenzialmente indebolito al sistema di sicurezza sociale, soprattutto in una prospettiva transfrontaliera”.

2) Il secondo punto d’attenzione è relativo alla precarietà degli artisti, che hanno modelli di lavoro atipici caratterizzati da intermittenza, eterogeneità (occupazione regolare, lavoro autonomo, diritto d’autore, sovvenzioni e sussidi), instabilità e propensione alla mobilità internazionale. Questo fa sì che, in un mercato del lavoro frammentato, si registrino spesso bassi livelli di reddito e diffusa precarietà (basti osservare che i finanziamenti a breve termine sono quelli da cui dipendono maggiormente gli artisti). Alcuni Stati membri si sono occupati dello status dell’artista nel mercato del lavoro con una legislazione omnibus (ad esempio, Bulgaria e Germania), altri forniscono una legislazione specifica per gli artisti (ad esempio, Spagna e Lituania), altri ancora affrontano il problema anche con politiche culturali (come i Paesi Bassi).

Fonte: Il Sole 24 Ore