Un board multidimensionale con nuove competenze

I punti chiave

  • Valenza più ampia
  • La ricerca
  • Le potenzialità

Diversity e inclusion sono pilastri fondamentali della governance, della sostenibilità e dell’organizzazione delle imprese. Il concetto di diversity ormai si è evoluto. Mentre storicamente era riconducibile prevalentemente alla dimensione del genere, oggi, con i board composti in modo equilibrato se non paritetico sotto questo aspetto – e non sempre è quello femminile il genere meno rappresentato -, il significato è andato oltre e ha integrato connotazioni multidimensionali.

Valenza più ampia

A livello di board, il concetto di diversity assume, quindi, una valenza molto più ampia e considera le dimensioni riferibili a quelli che sono i profili qualitativi dei membri dei cda. L’esperienza, le competenze, la cultura aziendale, l’internazionalizzazione, l’età, solo per fare alcuni esempi, rappresentano alcune delle variabili su cui si cerca di costruire l’organo di governo e che sono sempre più presenti tra i criteri, da un lato, di composizione delle liste, e, dall’altro, di valutazione da parte degli investitori. Se la diversity multidimensionale è sempre più un valore, oggi la declinazione di questo valore è alla prova di scenari e di contesti sempre più dinamici e incerti, dove lavorare sulla diversity dei board presenta nuove sfide e criticità.

La ricerca

Una recente ricerca, condotta dal Politecnico di Milano in collaborazione con Valore D, su un campione rappresentativo di società quotate finalizzata a verificare la “smartness” dei board dopo la pandemia e nel pieno dell’incertezza degli scenari geo-politici ed economico-finanziari internazionali, riporta come su alcune aree oggi centrali, come la sostenibilità, la visione di lungo termine, la ridefinizione dei business model rispetto alla trasformazione digitale ci sia uno spazio di rafforzamento. Da un lato, la risposta sull’adeguatezza delle competenze dei board è moderatamente positiva – sette su dieci la valutazione -, dall’altro, però, in sei casi su dieci si ritiene utile integrare nei board competenze oggi poco o per nulla presenti.

Le potenzialità

Pertanto, anche per effetto di un’“asticella” che si è fatta più alta rispetto al ruolo dei cda in fasi di mercato come quelle più recenti, c’è ancora del lavoro importante da fare sulla diversity. Sempre in una logica multidimensionale, questo è molto significativo non solo per il contributo che fornisce al valore della dialettica e al processo decisionale dei board, ma anche per le ricadute sull’intera organizzazione. I valori della diversity e dell’inclusion portati a livello dell’intera struttura aziendale non possono che arricchire le capacità dell’impresa e la sua sostenibilità nel tempo. Solo un’attenzione crescente a tutte le categorie di stakeholder e, tra queste, in modo particolare, al capitale umano, può far crescere la cultura della diversity, dell’apertura e dell’inclusione, intesa come capacità di costruire un ambiente organizzativo dove ogni risorsa si senta ben integrata e supportata e, quindi, responsabilizzata per perseguire gli obiettivi aziendali nell’interesse comune. Il tema dell’inclusion è cruciale oggi, visto il ruolo sociale crescente delle imprese, in fasi storiche in cui attori sociali più istituzionali sono meno in grado di intervenire. Ma affinché questo avvenga, c’è un reale bisogno di adottare logiche di enlightened shareholder value, basate, nel concreto, sulla definizione di parametri misurabili, che allarghino la visione su tutte le categorie di stakeholders rilevanti, nella ricerca del profitto e della crescita sostenibile e al contempo nella ricerca di un’attenzione responsabile per chi a questi obiettivi contribuisce.

Fonte: Il Sole 24 Ore