Vini «naturali», ecco perché è ora di finirla con la disputa tra tifosi pro e contro

Di vini naturali se n’è parlato fin troppo, cominciando dal termine improprio che li definisce – fuorviante per certi versi – fino ad arrivare alle rovine che negli anni passati hanno generato opposte fazioni oltranziste, quasi scissioniste a dire il vero. Da un lato il movimento “vinnaturista” e dall’altro quello dei produttori cosiddetti convenzionali. Con tanta confusione in mezzo.

È tempo di affrontare l’argomento in maniera più pacata e di conseguenza di porre fine alle “ostilità” che, a mio avviso, sarebbe anche la cosa migliore da fare. Occorre seppellire l’ascia di guerra, finirla di mettere a confronto “curva nord” e “curva sud” (in un senso e nell’altro), analizzare invece ciò che è stato quel movimento, cosa ha portato e gli effetti positivi che ha generato, seppur con derive che ora è meglio analizzare a distanza. Un conto è stata l’avanguardia – quindi rivendicare questa rottura – però adesso, paradossalmente, i primi avanguardisti si stanno distaccano quasi con disagio dalla definizione di “vino naturale”.

A questo punto la domanda è: la funzione di avanguardia del presunto “vino naturale” ha finito la sua “spinta propulsiva” (cit)?. La risposta, detto con molta franchezza, è sì! L’avanguardia ha prodotto cambiamenti; invero alcuni molto positivi, come la sempre maggiore attenzione alla “sostenibilità” da parte di tutti, oltre a un diffuso rispetto e amore per la terra.Ha creato fin dalle sue origini un forte clamore, al caro prezzo tuttavia di dividere per un significativo periodo di tempo il nostro mondo in tifoserie contrapposte.

Grande è stata la confusione – che in parte ancora esiste, soprattutto per il consumatore – su cosa si dovesse intendere per vino naturale, biologico, biodinamico e altre amenità, aggiungo io (e mi perdonerete se mi tengo sempre sul filo dell’ironia).

Probabilmente è tempo che si torni a parlare nel merito di ciò che viene prodotto e meno dell’aspetto ideologico che per troppo tempo ha contrassegnato il tema. Non si può vivere di sola avanguardia poiché alla fine l’avanguardia stessa diventa parte del sistema e finisce per istituzionalizzarsi.Sto osservando una crescente disponibilità da parte di famosi e bravi produttori di “vini naturali” come ad esempio Stefano Amerighi, Gravner, Zidarich, ma non solo, nel cercare un confronto in modo da non rimanere invischiati in una classificazione che oggigiorno va stretta.Per farla breve: la sostanza è che il vino deve essere buono, deve farsi ricordare; il modo attraverso il quale lo si produce (nel rispetto delle regole e delle certificazioni) è di per sé incidentale e non può essere certamente quello a determinare la qualità.

Fonte: Il Sole 24 Ore