Arte, politica e libertà alla Biennale di Coimbra

La Biennale di Coimbra in Portogallo ha aperto al pubblico il 6 aprile con una performance ed un evento conviviale atteso da centinaia di persone del pubblico locale ed internazionale. L’inaugurazione formale alla presenza delle autorità si è svolta presso la Sala de Cidade rivisitata dall’artista spagnola Teresa Lanceta (1951) con otto ‘arazzi’ tessili dai colori rossi, appesi dal refettorio del vecchio monastero de Santa Cruz, parte della serie ‘El Raval’ (2019-21) proposta dalla 1 Mira Madrid Gallery.
Nonostante il titolo ‘Anno Zero’, si tratta della 5ª edizione dell’evento organizzato e diretto da Carlos Antunes, che accoglie circa 40 artisti, concepito a seguito del riconoscimento della stupenda città portoghese come patrimonio universale dell’Unesco, con la finalità di spostare attenzione ed energie sull’arte contemporanea.
Il titolo della presente edizione ‘Il Fantasma della Libertà’ è stato scelto dal team curatoriale di Angel Calvo Ulloa e Marta Mestre; Fantasma si riferisce alla presenza del passato storico, mentre Libertà è un omaggio anche alla Rivoluzione dei tulipani che il 25 aprile di 50 anni fa, era il 1974, che liberò finalmente il paese dalla dittatura militare fascista protagonista di orrende guerre coloniali.
Ma il titolo fa anche riferimento al film surrealista di Bunuel, omaggio al centenario di questo movimento di libertà personale. Il Surrealismo storico è presente anche con l’artista brasiliano Cildo Meireles (1948) col lavoro ‘Un Sandwich molto bianco’ del 1966, ‘oggetto trovato’ ovvero un panino tipico del consumo popolare quotidiano.
C’è tempo fino al 30 giugno per visitare la Biennale, cogliendo l’occasione per combinare la vivacità del contemporaneo con le sedi storiche della cittadina che affonda le sue origini in epoca romana, conservando tracce di epoca medievale e del XXVIII secolo.

La contemporaneità di un Monastero

La sede principale, che si è identificata con la Biennale già alla 2ª edizione del 2017, è l’enorme Monastero di Santa Clara-A-Nova che domina la collina opposta alla città vecchia e la sua famosa e gloriosa sede universitaria. Dopo aver subito la trasformazione in Caserma militare fino al 2006, gli organizzatori della Biennale hanno colto la sfida e meritevolmente concepito un nuovo ruolo per questi enormi spazi, difendendone la funzione pubblica, nonostante le risorse limitate. Sono oltre 20 gli artisti presenti nella struttura, con una prevalenza di installazioni e opere video. Il rapporto col Monastero è al centro del lavoro della coppia di artiste Patricia Gomez & Maria Jesus Gonzales (Valencia 1978) che presentano grandi tele ricavate dallo scollamento dei muri del convento secondo tecniche simili a quelle del distacco di pitture murarie a fini conservativi, presenti all’ingresso monumentale e ripetuti in diverse celle monacali: un lavoro sulla memoria dei luoghi allo stesso tempo discreto ma di grande impatto visivo. Anche l’opera ‘Muro’ del 2022 di Sandra Poulson, giovane artista portoghese, interagisce col contesto architettonico: una parete in cemento grezzo ‘ravvivato’ da grate gialle in metallo che ricordano la funzione del luogo e contrastano con le ceramiche azzurre originali. Lo spazio più imponente del Refettorio ospita l’artista portoghese Susanne S.D. Themlitz (1968) con l’opera ‘E la’ dentro. Vento’ commissionato dalla Biennale con il contributo della Galeria Vera Cortes: una struttura in bambù animata dal suono di campane creato dal vento, video e oggetti domestici e ceramiche. Riempie lo spazio anche l’angolano Yonamine che trasforma una stanza del monastero con poster su pareti e pavimenti su cui poggiano ‘altari’ di cartone affollati di oggetti e memorie. Lo stesso artista ha installato presso l’Università nella ex piazza d’armi l’opera ‘Stranieri’, una specie di fortezza circolare formata da sacchi da caffè sovrastati da bandiere nautiche con chiari riferimenti al problema migratorio. Viene ancora dalle ex colonie portoghesi in Africa Ilidio Candja Candja, nato in Mozambico nel 1976, che propone una installazione di terra e dipinti a parete.

Accanto, nei deposti militari nel cortile del convento, il portoghese Mauro Cerqueira ripropone ‘Hand in hand’ progetto del 2021 con il supporto della Galeria Nuno Centeno: sculture di grandi mani che reggono lastre di vetro, simbolo della fragilità della democrazia, e condivisione delle responsabilità. Anche la pittura di Joao Marcal, classe 1980 portoghese, viene installata non a parete, nelle cucine: si tratta di quattro nuovi lavori della serie: ‘La parte degli Angeli’, sfide ottiche geometriche che ricordano e imitano la struttura dei tessili. Lo stesso artista ha contribuito a una delle tre installazioni sonore della Biennale, animando l’antica Cisterna d’acqua, un affascinate spazio di colonne antiche.

Il lunghissimo corridoio del Monastero è, invece, animato da Robert Filliou (1926-1987) con un suono incessante del richiamo di uccelli nel corridoio principale, inquietante ed insistente. L’artista francese, rappresentato dalla galleria Peter Freeman, è presente anche in altra sede con ‘Whispered History of Art’, lavoro storico del 1963. Un richiamo ben diverso quello di Berio Molina Galizia con una installazione sonora udibile da tutta la città, la tromba di una nave da crociera che richiama alla Biennale e al turismo di massa due volte al giorno secondo un ritmo casuale, allo stesso tempo monito ed invito alla partecipazione. Lo spazio della torre ospita l’artista portoghese Felipe Feijao con una “Scala verso il cielo”, installazione con travi di legno storiche legate alla ricostruzione di Lisbona dopo il grande terremoto, accompagnate a sculture di gesso.

Dato l’ampio spazio all’arte brasiliana, non sorprende la presenza di due artisti rappresentati dalla galleria Mendes Wood DM, la giovane (1996) Castiel Vitorino Brasileiro (1996) con un gruppo di 16 fotografie in cui impersona degli spiriti, e Paulo Nazareth con due video di una performance del 2014 con teschi evocativi della violenza coloniale.

Fonte: Il Sole 24 Ore