Bonus cultura, al via le domande per i 18enni. Ecco come fare

I numeri di un esperimento riuscito

Al netto di difetti da risolvere, tuttavia, gli addetti ai lavori hanno più volte sottolineato la necessità di tutelare l’universalità della misura. Elemento che, coi requisiti imposti dal nuovo corso, andrà inevitabilmente a perdersi. E che, invece, come dimostrato dai numeri, è stato il segreto del successo di un progetto di cui l’Italia è stata pioniera. In base agli ultimi dati disponibili, nel 2021 sono stati oltre 440 mila i diciottenni che hanno usufruito del bonus, investendo su libri ed e-book (circa 95 milioni di euro spesi), concerti (oltre 22 milioni) e musica (circa 14 milioni per cd, vinili e servizi musicali in streaming). Non è tutto: oltre a vantare la medaglia di aprifila, il nostro Paese è diventato, nel tempo, anche modello di ispirazione per Francia, Spagna e Germania che, da qualche anno a questa parte, hanno annunciato il varo di incentivi simili al bonus cultura, rispettivamente il Pass culture, buono digitale di 300 euro operativo dal 2021, il Bono cultural, erogato dal governo Sanchez nel 2021 e pari a 400 euro e il Kultur pass, voucher da 200 euro annunciato a novembre 2022 ma attivo solo a partire dal secondo semestre del 2023.

La posizione di Confindustria Cultura Italia e Federculture

Riduzione della platea dei beneficiari e introduzione di soglie che intaccano il valore democratico della cultura. Sono queste le criticità della transizione contrastate da associazioni e federazioni culturali. «La scelta di trasformare la 18App in una Carta cultura vincolata all’Isee ci ha visto contrari perché esclude tanti giovani che da questo incentivo avrebbero potuto trarre benefici», sottolinea Innocenzo Cipolletta, presidente di Confindustria Cultura Italia. «L’applicazione è stata concepita per tutti i diciottenni come strumento per stimolarli ad avvicinarsi alla cultura senza distinzione. Legarlo al reddito, oltre che portare burocrazia aggiuntiva, può rivelarsi una scelta non equa perché nega l’autonomia di questi nuovi cittadini rispetto alle famiglie d’origine che non è detto siano pronte, seppur con redditi alti, a sostenere una domanda di cultura e indipendenza dei figli. Ben vengano le misure che aiutano economicamente i soggetti meritevoli ma il sostegno alla cultura dovrebbe essere universale».

Sulla stessa linea anche Umberto Croppi, direttore di Federculture: «L’introduzione del fattore reddituale, che in un’altra ottica potrebbe avere senso, fa sì che non si tratti più di un progetto di sensibilizzazione generalizzata ma di una questione di perequazione sociale», spiega, «E ancora più contraddittoria è la carta legata alla premialità per il rendimento scolastico: bisogna incentivare e non escludere chi ha più difficoltà nell’apprendimento e ha bisogno di una guida per prendere dimestichezza con gli strumenti culturali. Le carte, prese singolarmente, potrebbero avere una logica ma vanno in una direzione diversa rispetto allo spirito della 18 App».

Cosa ne pensano i ragazzi

Colti di sorpresa da una rivoluzione improvvisa, i ragazzi e le ragazze che potrebbero rientrare nella platea di potenziali fruitori di una delle due o di entrambe le carte hanno un’opinione precisa e più o meno allineata. Per Maria Susy, studentessa del liceo classico di San Giovanni in Fiore, commisurare il bonus cultura al reddito non è sbagliato ma occorre trovare una soluzione per garantirlo a tutti. «Penso che bisognerebbe assicurare a tutti una base standard, ad esempio 250 euro, e poi integrare l’ammontare destinato a ragazzi e ragazze con redditi bassi, arrivando magari a un tetto di 800 euro. Monitorando le spese che devono rimanere vincolate a scopi formativi o, comunque, culturali».

Storcono il naso anche davanti al parametro del merito, perché se è opportuno riconoscere il valore dello studente, ridurlo a un voto che, di frequente, non riassume il suo percorso formativo, è svilente. Alex, studente del liceo Walther von der Vogelweide di Bolzano, crede che «avrebbero dovuto usare criteri più ampi e inclusivi e una soglia meno esagerata». Per Matteo e Luigi, studenti del liceo scientifico L.B Alberti di Valenza, invece, c’è il rischio di intaccare il benessere psicologico dei singoli: «Se non è un voto a identificarci, perché associare un punteggio, peraltro massimo, a un bonus che dovrebbe essere di tutti, a prescindere da quanto dimostrato a scuola. Ogniqualvolta si tratta il tema istruzione, ci sentiamo dire che i ragazzi sono stressati, che si dà peso ai voti e non al loro valore come persone, di certo approvando un provvedimento del genere, non si fa altro che gravare sulle spalle di chi ha bisogno». Un punto di vista cui fa eco anche Maria Susy: «Se per essere idonea devo necessariamente puntare al massimo, tutto questo finisce per non tutelare la mia salute mentale e, pur avendo un rendimento positivo in termini di numeri, impatta sul mio benessere personale».

Fonte: Il Sole 24 Ore