Dalla missione spaziale alla serie The Astronauts. Tutto quello che c’è da sapere

Mentre la missione spaziale “Ispiration4” orbita 575 chilometri sopra le nostre teste con il suo equipaggio di astronauti non professionisti – una prima volta assoluta -, Nickelodeon lancia la serie The Astronauts, ideata da Daniel Knauf e prodotta da Ron Howard e Brian Grazer, la coppia cui si devono film come A Beautiful Mind, Apollo 13 e la serie docufiction Marte.

Astronauti teen

Come suggerito dal titolo, i dieci episodi di The Astronauts, trasmessi due alla settimana e ambientati in un futuro così prossimo da sembrare domani mattina, sono dedicati ai pellegrini dello spazio. Solo che, in questo caso, gli astronauti sono cinque teenager finiti oltre l’atmosfera per troppa curiosità e per un errore del software dell’astronave Odyssey 2, stato dell’arte della nostra tecnologia, difetti compresi.Non è un caso, per esempio, che il computer guida del mezzo, chiamato Matilda, esprima una volontà autonoma come l’Hal 9000 di 2001: Odissea nello spazio, una capacità di discernimento però basata sul cloud computing, sui social network, sulla visione panottica che tutto osserva tranne la privacy, e su altri incubi della nostra era.

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La storia

È solo uno dei tanti rimandi fra realtà e narrazione, una simmetria ribadita dalla simultanea messa in onda su Nickelodeon e il viaggio di Inspiration4, che non va interpretato solo come una ghiotta opportunità di marketing offerta dalla missione vera.L’ufficiale medico di Inspiration4 è infatti Hayley Arcenaux, la prima persona a volare nello spazio con una protesi, un femore sinistro artificiale. Affetta da un osteosarcoma all’età di 10 anni, Arcenaux venne ricoverata e guarita al St. Jude Children Research Hospital di Memphis, dove oggi lavora come assistente medico con pazienti colpiti da leucemia o linfoma. È l’ospedale cui andranno i proventi di una campagna di beneficienza che punta a raccogliere 200 milioni di dollari e che è il vero scopo della missione attualmente in orbita, come raccontato da Jared Isaacman, imprenditore miliardario (è il boss del servizio di online banking Shift4 e della compagnia aerea privata Draken), nonché comandante del viaggio.Detto altrimenti, a 575 chilometri di quota Inspiration4 punta a ribadire, nella costruzione del nostro futuro, l’importanza dell’inclusività, della speranza e dell’altruismo. Non è solo (o tanto) retorica, visto che a parlarne è proprio Isaacman, che ha pagato di tasca propria i biglietti del viaggio acquistandoli da SpaceX per, si mormora, non meno di 200 milioni di dollari, la stessa cifra che punta di devolvere in beneficienza (oltre ai 100 milioni che ha già personalmente donato al St. Jude).

Realtà o fiction?

Proprio nella comunanza dei valori attribuiti a uno spazio (e un futuro) per tutti, The Astronauts e Inspiration4 sembrano uno lo specchio dell’altro. Rivolta a un pubblico di giovani e giovanissimi, la serie racconta la disparità di genere, le discriminazioni di razza, censo o cultura come il retaggio di un’epoca andata, qualcosa di cui disfarsi o da lasciare, letteralmente, a terra. Quasi a ribadire le storiche parole del primo uomo volato oltre il cielo, Jurij Gagarin, che da lassù disse di non vedere i confini del nostro Pianeta. Divisioni di cui liberarsi per fare in modo che i giovani astronauts si comportino da squadra, in un percorso di crescita e affrancamento da un mondo adulto abbrutito dai contrarsi, dall’opportunismo più bieco e senza prospettive (che uno dei genitori dei protagonisti ricordi Elon Musk è un corollario chissà quanto involontario).

La politica dentro Astronauts

Il resto è un tripudio di cultura nerd – gli attori si sono anche addestrati con l’astronauta della Nasa Chris Cassidy -, gergo giovanile (di cui prendere appunti) e citazioni sistemate ad arte per mandare in sollucchero i cinefili: la sequenza in cui, dovendo sturare un gabinetto spaziale, i cinque astronauti rivivono un’intera sequenza di Alien è la godibilissima spia di un registro narrativo che sfiora la parodia senza diventarlo mai. Saranno metafore al limite della didascalia, quelle di The Astronauts, ma la serie si rivolge anche ai bambini. Ed è un aspetto che la rende addirittura politica, nel senso di orientata a e da una precisa visione del mondo (gender fluid, multi-culturale, aperta, quasi collettivistica).È un fatto tutt’altro che ovvio in un contesto, la nostra quotidianità vera, in cui lo spazio è, sì, un’occasione di collaborazione internazionale e di crescita economico-culturale per Paesi fino a pochi anni senza accesso al settore (e alle orbite), ma anche un’arena sempre più complessa di competizioni industriali, interessi commerciali e ricadute geopolitiche. Facile per necessità comunicativa, la retorica – anche filmica – di The Astronauts è un invito alla consapevolezza della diversità – di ruolo, di età, di estrazione, di identità – intesa come ricchezza, come caratteristica con cui comporre un punto di vista profondo sul vivere comune.Tornano in mente, insieme con Inspiration4, le parole di Paolo Nespoli, veterano dell’astronautica nazionale: lo spazio ricorda che il nostro Pianeta è un’astronave di cui non siamo i passeggeri. Ma l’equipaggio. The Astronaut sarebbe da vedere con figli o nipoti, e con la consapevolezza di averne più bisogno di loro.

Fonte: Il Sole 24 Ore