Donazioni, il digitale è maturo e crescono Gen Z e Millennial

In questo contesto le oltre 363mila organizzazioni non profit – riportate dall’Istat nell’ultimo censimento diffuso un paio di settimane fa – sono chiamate a un passaggio cruciale che riguarda la loro stessa identità. «L’innovazione tecnologica e il digitale sono la porta d’accesso per avvicinare i nuovi donatori e il canale attraverso su cui transitano di più le donazioni. Su questo le organizzazioni sono ancora timide – spiega Paolo Venturi, direttore di Aiccon, centro studi di Alma Mater Università di Bologna – L’orientamento verso una visione in questa direzione e l’investimento in competenze non possono essere una protesi, ma la cultura attraverso cui ingaggiare la missione di una organizzazione».

Il 42% delle persone dona oltre i 50 euro. Tra le modalità di donazione online la più scelta è PayPal (70%), seguita dalla carta di credito (62%). «È particolarmente significativo che quest’anno il digitale abbia staccato il contante. In altri settori si è tornati alla modalità ibrida, precedente la pandemia- spiega Maria Teresa Minotti direttrice di PayPal Italia – Nelle donazioni è evidente che non si è tornati indietro». PayPal ha lanciato l’anno scorso il programma Give at Checkout che consente, al momento del pagamento, di donare un euro a una delle 200 charity che si sono registrate sulla piattaforma. «In Italia è andata particolarmente bene con 1,8 milioni di euro raccolti» aggiunge Minotti.

Quando c’è proposta convincente i volontari si attivano

Donare 3.0 ha indagato anche l’attitudine al volontariato, componente fondamentale della cultura del dono, dove analogico e digitale sono ormai un continuum. Un italiano su tre è coinvolto in attività di volontariato e il 44% lo avrebbe fatto se avesse avuto occasione o tempo. Un dato che va letto assieme all’ultimo Censimento Istat che rileva per il 2021 un calo del volontariato organizzato. «Come vediamo in questi giorni con l’emergenza alluvione, quando la proposta c’è ed è convincente, le persone si attivano- osserva Venturi – È necessaria una maggiore apertura delle organizzazioni a forme più inedite di partecipazione, che non si limitino alla donazione o all’acquisto solidale. Inoltre emerge da parte dei volontari/donatori un bisogno di cambiamento “radicale”: non basta che una causa sia buona, cioè che risponda a un bisogno, ma sempre più spesso si richiede che contribuisca a rompere equilibri preesistenti per arrivare a un cambiamento di sistema desiderato».

Quest’anno l’indagine si è focalizzata sulla cultura, da sempre la cenerentola delle donazioni individuale, la terz’ultima in Italia nella classifica delle cause dove svettano salute e ricerca (55%), tutela dell’ambiente e degli animali (27%), assistenza sociale (26%). Eppure la tendenza è quella al miglioramento. Il 43% degli italiani dichiara di aver fatto almeno una donazione a questo scopo con una predilezione per patrimonio culturale (27%), seguito da progetti culturali territoriali (15%), musei (12%), performing art (8%). «È un settore che ha grandi potenzialità – commenta Vitali – In particolare possono crescere i progetti culturali territoriale, il welfare culturale, progetti di inclusione sociale».

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Fonte: Il Sole 24 Ore