Fra innovazione, efficienza e AI: il 2024 visto dagli esperti di procurement

Tornando alla situazione in Italia, il report conferma come i processi amministrativi relativi all’approvvigionamento siano particolarmente “time-consuming” e creino di conseguenza una barriera ai team che vogliono essere più agili. In modo particolare i Chief Procurement Officer sono chiamati ad affrontare ostacoli di diversa natura per raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati, dalla spirale inflazionistica al rischio duraturo di recessione passando per l’aumento della concorrenza, preoccupazione quest’ultima principalmente italiana.

Per ciò che concerne le sfide interne alle organizzazioni, in cima alla lista compaiono la complessità dei sistemi e l’eccessivo spettro di fornitori da gestire anche in termini contrattuali. Il 44% dei responsabili acquisti italiani, in tal senso, conferma come spesso la propria giornata sia caricata di processi macchinosi e lunghi (soprattutto nell’ambito della reportistica) e lasci pochissimo tempo per dedicarsi a ciò che realmente interessa all’azienda.

La funzione del procurement, insomma, sta cercando nuove strade per migliorare e semplificare le operazioni di back-office e se da una parte deve fare i conti con la carenza di personale, dall’altra ha anche la (grande) opportunità di evolversi per scaricare a terra maggiori efficienze e migliorare contemporaneamente l’esperienza dei dipendenti, sia all’interno che all’esterno dell’ufficio acquisti. Un numero significativo di organizzazioni riconosce in quest’ottica la necessità di trasformarsi digitalmente ma, come osservano in modo chiaro gli autori del rapporto, c’è sicuramente spazio per fare di meglio: solo la metà delle organizzazioni campionate, per esempio, ha dichiarato di aver utilizzato fatture digitali nel corso 2023. Se le tecnologie si apprestano a diventare una priorità per gli acquisti, la situazione di partenza vede al momento solo il 62% delle organizzazioni fare ricorso a strumenti di analisi o di reporting mentre solo il 54% delle imprese ha già adottato sistemi per l’automazione dei processi manuali.

Molto interessanti, in chiave prospettica, sono però i tassi di adozione delle soluzioni basate su intelligenza artificiale a supporto delle decisioni di acquisto e delle tecnologie di riconoscimento vocale, ad oggi impiegate nel 47% e nel 41% dei casi rispettivamente. L’AI, insomma, ha già fatto capolino dentro il procurement ed è significativo il fatto che la quasi totalità dei manager interpellati sia interessato a conoscere le potenzialità del machine learning soprattutto per quanto riguarda la possibilità di effettuare un’analisi dei dati più rapida o approfondita, di risparmiare tempo a beneficio della maggiore produttività e di rendere più fluida la connessione fra sistemi diversi.

Poco meno della metà degli intervistati (il 45% per la precisione), inoltre, si è detto disposto ad integrare sin da subito l’intelligenza artificiale nei processi di approvvigionamento e l’80% lo farebbe entro due anni. Nel complesso, i responsabili acquisti hanno preso coscienza del valore che possono apportare gli strumenti del digitale e della necessità di cambiare passo in tempi rapidi (le aziende ritardatarie rimarranno sempre più indietro rispetto a quelle che si muovono più rapidamente in termini di innovazione) ma hanno anche ribadito una precisa esigenza. Quella di trovare il giusto equilibrio tra i miglioramenti di processo legati all’innovazione tecnologica e la sicurezza dei dati.

Fonte: Il Sole 24 Ore