In arrivo i decreti attuativi per le imprese culturali e creative, nessuna bozza in vista

Entro il prossimo 11 aprile dovranno essere adottati i decreti attuativi riguardanti le Imprese Culturali e Creative previsti negli articoli 25, 26, 27, 29 e 30 della legge per il Made in Italy del 27 dicembre 2023, n. 206, entrata in vigore l’11 gennaio scorso. In realtà i decreti più urgenti sono quelli previsti dall’art. 25 di definizione e qualifica della nozione di impresa, dall’art. 26 di istituzione e iscrizione all’Albo di interesse nazionale e dall’art. 27 di istituzione di un repertorio delle opere dei creatori digitali nel registro pubblico generale delle opere protette. Mentre potrebbero slittare, per ora, i decreti relativi al contributo e al Piano nazionale strategico, rispettivamente previsti dagli articoli 29 e 30.
Il 4 marzo scorso presso la sede del Ministero Cultura in via del Collegio Romano si è tenuta una riunione tra lo staff del Sottosegretario Lucia Borgonzoni, la Direzione Generale Creatività Contemporanea, alcuni esperti del mondo culturale e creativo e l’Istat. L’incontro si è collocato tra l’audizione del 6 febbraio, in cui il MiC insieme a partner istituzionali e operatori del settore ha dato il via al percorso partecipato di scrittura di decreti, e la milestone del 18 marzo, la data entro cui era previsto l’invio delle bozze dei decreti ai soggetti interessati. Allo stato attuale e a pochi giorni dalla scadenza del termine fissato dalla legge nessun rappresentante di categoria o esperto ha ricevuto i documenti promessi dal MiC.

I nodi da sciogliere

Molti ancora sono i nodi da sciogliere come, ad esempio, l’insufficienza del fondo messo a disposizione di 3 milioni di euro all’anno per 10 anni, l’estensione dell’Art Bonus, l’abbassamento dell’Iva al 5,5% nelle transazioni di acquisto di opere d’arte per le gallerie, gli artisti e i musei, l’acquisizione della qualifica di Impresa Culturale e Creativa e, quindi, cosa si intenda per attività svolta “in via prevalente”. Inoltre, sarebbe necessario comprendere nella definizione anche i lavoratori autonomi purché esercitanti attività di impresa e soffermarsi sull’opportunità di includere nell’attività e nei prodotti culturali la gestione di centri multidisciplinari e ibridi, spazi e luoghi utilizzati come laboratori di innovazione, sviluppo di prodotti ed erogazione di servizi alle comunità territoriali, così come richiesto da alcune realtà del settore, quali Aie, Alleanza delle cooperative, Federculture, Fondazione Symbola e Icom Italia.
Un altro punto fondamentale è quello di prevedere un documento che descriva l’impatto sociale e culturale atteso o prodotto e che attesti lo svolgimento esclusivo o prevalente delle attività culturali e, dunque, la sussistenza del requisito necessario per il mantenimento della qualifica di Icc per l’iscrizione ai due Albi (Cciaa e MiC). Aggiungiamo noi che la procedura di doppia iscrizione andrebbe semplificata per ridurre al minimo la burocrazia.

L’attesa e il silenzio

Dal Ministero della Cultura c’è il massimo riserbo al riguardo e i motivi di questo silenzio non sono chiari, specie dopo che il ministro Gennaro Sangiuliano aveva promosso il percorso partecipativo e assicurato l’invio delle bozze in largo anticipo. Possiamo presumere che l’imminente tornata elettorale e gli equilibri interni alla maggioranza abbiano indotto il MiC ad avere un atteggiamento più cauto. Tra gli operatori l’aspettativa sui decreti è alta, in quanto la normativa è destinata a rappresentare il riferimento principale per tutto il comparto e quindi la speranza è che le richieste fatte dai rappresentanti di categoria non vengano disattese.

Fonte: Il Sole 24 Ore