La crisi accelera la transizione della pesca italiana

Investire in tecnologie e processi innovativi, limitare i danni ecologici e combattere la pesca illegale. Sono questi i tre assi su cui si muove la strategia italiana nel settore della pesca, in linea con quanto dettato dalle regole europee ma anche con quella che viene definita “Transizione blu”. Con alcune questioni sul tavolo che chiedono di essere affrontate con urgenza: la salvaguardia degli ecosistemi e la regolamentazione del fermo pesca, l’uso sostenibile delle risorse, le prospettive delle filiere ittiche e dell’acquacoltura, l’attenzione verso i consumatori. Insomma un complesso di questioni che investono l’economia del mare su cui appare urgente intervenire.

Punti all’ordine del giorno di “Blue Day. Stati generali della Pesca e dell’Acquacoltura”, due giorni dedicati alla pesca che si svolgono al SAL di Catania con una serie di eventi e dibattiti promossi dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. «Negli ultimi vent’anni il settore della pesca ha subito profondi mutamenti – ribadisce Riccardo Rigillo, Direttore generale della pesca marittima e dell’acquacoltura Mipaaf –. La difesa della specificità del Mediterraneo, della sua peculiarità in termini di biodiversità ambientale e culturale, ha prodotto effetti e norme stringenti di cui oggi paghiamo le conseguenze. Sicuramente in ambito Ue c’è un forte richiamo al cambiamento. Quello che appare più evidente è l’approccio verso un’economia blu che unisca tutela dell’ecosistema, progresso del settore, occupazione e sostenibilità. La concretizzazione di questo nuovo corso è la strategia del Feampa (Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura), un fondo da circa un miliardo di euro che promuove a livello europeo finanziamenti per sostenere e innovare tutta la filiera».

Il dissenso sulla politica comune

Gli Stati generali arrivano in un momento difficile: la pandemia di Covid-19 ha colpito duramente le attività di pesca e acquacoltura nel Mediterraneo, determinando forti diminuzioni delle attività, della produzione e drastici cali dei prezzi dei prodotti. Sotto accusa resta la politica comune sulla pesca: «Ci stanno affondando. Sono questi gli effetti della politica comune della pesca che sta attuando in Mediterraneo una strategia tesa a una drastica riduzione dello sforzo di pesca che, dal 2019 al 2024, comporterà mediamente per i vari segmenti delle flotte operanti con questi mestieri la sottrazione del 40% delle giornate annue – dicono i vertici di Alleanza Cooperative Pesca che richiamano con forza l’attenzione delle Istituzioni sul problema macroscopico inerente il modello di gestione del settore, a cominciare dai comparti dello strascico e della volante che nell’insieme riforniscono la gran parte del prodotto commercializzato nei mercati ittici del Paese. «L’impatto di queste riduzioni porterà al deafult moltissime imprese che scenderanno sotto la soglia di redditività minima. A nulla sono valse le proteste del settore sia in Italia sia in altri Stati membri mediterranei. La Commissione va avanti inesorabile, dritta sulla sua strada, senza modificare di un millimetro la posizione – affermano i vertici di Alleanza Cooperative Pesca –. Riteniamo che sia necessaria la costituzione di un tavolo di crisi che consenta di affrontare in modo concreto le problematiche, valutando le diversità settoriali».

Le riforme e i programmi

«Il nostro orizzonte deve essere quello di far crescere le filiere garantendo crescita e occupazione, migliori condizioni lavorative, implementare innovazione e competitività e creare una stabilità economica duratura. Il faro delle nostre azioni non potrà prescindere dalla salvaguardia dei nostri ecosistemi, delle biodiversità e dell’uso sostenibile delle nostre risorse» dice il sottosegretario al Mipaaf Francesco Battistoni . Il Mipaaf ha intanto destinato 20 milioni al settore ittico e acquacoltura di cui 15 milioni per le imprese del settore marittimo, 3 milioni e mezzo destinati all’acquacoltura ed 1 milione e mezzo per il comparto operante nelle acque interne attraverso le Regioni e le province autonome nell’ambito delle loro attribuzioni. Certo è un segnale importante ma ci sono altre questioni che i comparto chiede di affrontare. Le ricorda il deputato Filippo Gallinella di M5S, presidente della commissione Agricoltura: «La Camera – dice – ha licenziato la proposta di legge a prima firma del collega L’Abbate (M5S) che contiene, al suo interno, numerosi interventi sul comparto mentre il Ministero continua il dibattito in sede comunitaria sulle norme europee che spesso stanno strette al settore. Continuerò a sollecitare, poi, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando per giungere finalmente a una soluzione per un ammortizzatore sociale degno di tale nome per i pescatori italiani. Inoltre, dovremo rivedere l’organizzazione delle giornate di pesca e del fermo biologico ma, soprattutto, lavorare per il ricambio generazionale e per una maggiore sostenibilità. La priorità, però, rimane il reddito dei pescatori che svolgono un lavoro duro e difficile, garantendoci comunque sempre pesce fresco e locale».

Fonte: Il Sole 24 Ore