L’Aquila per il 2026 punta sui driver strategici della Nuova Agenda Europea

A 15 anni dal tragico terremoto che ha sconvolto il centro Italia, L’Aquila ha aggiunto al suo percorso di rinascita il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2026. Nei giorni scorsi, a seguito dell’audizione ministeriale che ha visto coinvolte tutte e 10 le finaliste del bando 2024 (Alba, Gaeta, L’Aquila, Lucera, Maratea, Rimini, Treviso, l’Unione dei Comuni Valdichiana Senese), la giuria presieduta da Davide Maria Desario ha designato come vincitrice la città de L’Aquila, che ora aspetta l’ufficializzazione tramite delibera del Consiglio dei Ministri. Dalla sua istituzione nel 2014 con il DL 31 maggio 2014 n.83, il titolo di Capitale Italiana della Cultura viene, infatti, conferito su proposta del Ministro della Cultura e ufficializzato dal Consiglio dei Ministri, che approva inoltre lo stanziamento di 1 milione di euro a supporto della realizzazione dell’iniziativa.

Per comprendere meglio questo percorso e superare i sentimenti di compassione che da quel 2009 sembrano essere imprescindibilmente associati al territorio abruzzese, abbiamo intervistato Pier Luigi Sacco, coordinatore scientifico della candidatura de L’Aquila 2026, che quest’anno ha trionfato anche a livello europeo contribuendo alla vittoria della città francese di Bourges nominata Capitale Europea della Cultura 2028.

Di cosa tratta il dossier di candidatura? Qual è stato il punto di partenza e il suo scopo?
Il nostro dossier, dal titolo L’Aquila Città Multiverso, rappresenta un ambizioso programma artistico-culturale che mira a sperimentare un nuovo modello di sviluppo territoriale, replicabile in tante altre aree fragili d’Italia. Il programma sottende, inoltre, l’obiettivo di raccontare e di ripresentare un territorio in cui già coesistono molteplici dimensioni spazio-temporali e culturali, sovvertendo la narrativa dominata dall’idea di una città che deve ancora emergere dalle macerie.
Il dossier, profondamente imperniato sui driver strategici della Nuova Agenda Europea della Cultura quali coesione sociale, salute pubblica e benessere, creatività e innovazione, sostenibilità socio-ambientale, si articola attorno a cinque filoni progettuali: la multiculturalità, la multidisciplinarità, la multitemporalità, la multiriproducibilità e la multinaturalità. Si tratta di temi complessi e facilmente mal interpretabili, ognuno dei quali merita una spiegazione. Per quanto riguarda la multiculturalità, essa si esprime attraverso la capacità de L’Aquila di attrarre talento internazionale; la multidisciplinarità invece si evince nella varietà di istituzioni artistiche e culturali e di centri di ricerca presenti sul territorio, incluse eccellenze come il Cnr e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Per quanto riguarda la multitemporalità, invece, essa esplora la storia recente della città, con le tracce profonde che questa ha inevitabilmente lasciato, la multiriproducibilità riflette i cambiamenti nei processi creativi e culturali, con un’attenzione alla co-creazione e alla partecipazione della comunità. Infine, la multinaturalità evidenzia il rapporto unico de L’Aquila con la natura, che costituisce un elemento fondamentale dell’identità cittadina.

E per quanto riguarda gli stanziamenti economici, come vi state muovendo?
Parlando dell’aspetto finanziario, attualmente il programma dispone di un budget di circa 7 milioni di euro. Questa somma comprende il contributo canonico del MiC, pari a 1 milione di euro, e gli stanziamenti effettuati dal comitato istitutivo della futura Fondazione di partecipazione L’Aquila 2026, che sarà responsabile della gestione dell’intero progetto. Ulteriori finanziamenti provengono poi dal Comune e dai fondi ReStart, il programma nazionale per il supporto alle iniziative dell’area colpita dal sisma. Questo insieme di risorse rappresenta una somma significativa per l’avvio delle iniziative, alle quali intendiamo contribuire anche attraverso la partecipazione a call europee e stimolando il coinvolgimento di enti privati che, al momento, non sono ancora inclusi nel computo finale delle risorse.

Nel 2020, L’Aquila aveva già presentato la sua candidatura per diventare Capitale Italiana della Cultura nel 2022, tuttavia non aveva ottenuto l’approvazione. Si può parlare di continuità o si tratta di una partita completamente diversa?
Beh, molti dei progetti presentati affondano le radici proprio in quel primo dossier. Nel frattempo però il contesto di lavoro è profondamente cambiato. Nel 2020, infatti, il dossier ruotava attorno al concetto del kintsugi, l’antica tecnica giapponese di riparazione della ceramica rotta che decora e impreziosisce i frammenti celebrando la storia dell’oggetto, metafora della capacità della cultura di ricomporre le fratture della nostra città. Nonostante ciò questi concetti, assolutamente centrali nel 2020 quando la fragilità e la precarietà del vivere era ancora palpabile, non riflettono più lo stato attuale delle cose perché L’Aquila ha già intrapreso un nuovo ciclo di sviluppo. Però è da lì che siamo ripartiti, anzi è da lì che abbiamo proseguito perché questo processo di ricostruzione culturale e sociale non si è mai interrotto, anche e soprattutto grazie alla volontà di tutte le forze politiche in campo. Insomma, la principale differenza tra le due candidature risiede proprio in questo cambio di prospettiva legato all’evoluzione del contesto esterno che ha portato, oggi, a scrivere un dossier molto più concreto nelle iniziative perché oramai la fase di progettazione è matura, se non superata in alcuni ambiti. Inoltre, e questo a titolo personale, la grande differenza è che nel 2020 ricoprivo il ruolo di direttore della candidatura, responsabilità che oggi ricopre Alessandro Crociata, professione di Economia Applicata all’Università di Chieti e Pescara.

Fonte: Il Sole 24 Ore